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L'ALLARME CRIMINALITA' SI E' TRASFORMATO IN UNA CERTEZZA



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L'AQUILA - "È fondato il sospetto che, per la prima volta, in Abruzzo ci si trovi di fronte ad un fenomeno di tipo mafioso non importato dall'esterno, ma figlio di una certa cultura della nostra terra". Se già da qualche anno era stata sepolta l'immagine tanto cara all'ex ministro Remo Gaspari dell'Abruzzo "isola felice", ieri il Procuratore generale presso la Corte d'Appello dell'Aquila, Bruno Tarquini, ne ha celebrato ufficialmente il funerale con la tradizionale relazione in occasione della cerimonia di apertura dell'anno giudiziario nel Distretto abruzzese. L'Abruzzo è malato: il semplice raffreddore è diventato una influenza che ora rischia di sfociare in polmonite. Non c'è solo la mafia albanese che ha stretto "una sorta di complicità e di alleanza con la criminalità Pescarese" ed in particolare con quella dei nomadi; non ci sono soltanto le infiltrazioni della grande criminalità organizzata (soprattutto della Camorra nella Marsica e della Sacra corona unita nel Pescarese), ma ora c'è la "mafia locale". Addirittura "figlia dell'Abruzzo".

Questa la lucida analisi del Pg Tarquini (alla sua ultima relazione visto che a marzo, dopo 47 anni di carriera, il magistrato andrà in pensione) che, se da un lato ha recepito in pieno i rinnovati allarmi delle Procure di Pescara e di Avezzano nonchè della Procura Distrettuale antimafia, dall'altro ha spiazzato Rosa Russo Iervolino, il ministro "abruzzese" dell'Interno che Gaspari ha recentemente designato quale sua erede. "Sono molto legata all'Abruzzo, mi auguro che quella del Pg Tarquini sia solo una preoccupazione, non una realtà- ha commentato il ministro, ieri in visita a Teramo-. Comunque ha fatto benissimo il Pg, se ha questo sospetto, a lanciare l'allarme. Naturalmente le forze dell'ordine indagheranno per verificare se questo pericolo esista nel concreto".

Ma per Tarquini è una realtà il fatto che "un'organizzazione facente capo ad una nota famiglia pescarese, la quale, di fatto, è giunta a monopolizzare, con metodi illeciti, il mercato ittico, inteso come ogni attività di pesca e commercializzazione del pesce del medio Adriatico. Tale associazione per delinquere- ha spiegato il Pg- è finalizzata non solo al controllo illecito del mercato ittico di Pescara per l'acquisizione di partite di pesce e prezzi non concorrenziali, tali da creare difficoltà economiche agli operatori del settore, ma anche alla concessione a costoro di prestiti usurari ed alla estorsione per il conseguimento degli illeciti profitti.

Su questo fenomeno il magistrato inquirente- ha concluso sul punto Tarquini- rileva come dalle indagini sia emerso un quadro davvero preoccupante per la realtà socio-economica locale, e come l'associazione criminale, oggetto delle indagini, si sia pienamente inserita in questa realtà fino a farne parte integrante". Tra la mafia albanese, quelle tradizionali, quella locale e quella più sofistica ma non meno preoccupante dell'ecomafia, il quadro tracciato dal Pg Tarquini è assai fosco. Per giunta, aggravato, dal fenomeno dell'immigrazione i cui guasti, a giudizio dell'alto magistrato, non risparmiano l'Abruzzo.

Fenomeno sul quale il Pg ha dato una singolare chiave di lettura: "Negli ultimi tempi il flusso migratorio ha assunto dimensioni così rilevanti, e l'opera di contrasto è apparsa così insufficiente e velleitaria, favorita da una legislazione forse volutamente insufficiente, che si è indotti a ritenere fondata la tesi di chi sostiene che si tratti di una vera e propria invasione dell'Europa, voluta e finanziata da centrali operative internazionali, allo scopo di determinare col tempo l'ibridazione dei popoli e delle religioni, onde possano realizzarsi più facilmente e più compiutamente progetti di dominio universale".

Sulla questione dell'immigrazione, il Pg ha sottolineato che in alcune zone, come ad esempio la Marsica, la presenza di extracomunitari (circa quattromila persone) "determina una tensione preoccupante per l'ordine pubblico e per la stessa collettività, mentre in altre, vedi Teramo e Pescara, dà luogo a fenomeni di prostituzione e spaccio di sostanze stupefacenti". Insomma, un'altra mina pronta ad esplodere. Amara la conclusione del magistrato: "La "febbricola" di cui avevo parlato nella relazione dell'anno scorso non è stata debellata, anzi forse tende al rialzo, e non potrebbe essere altrimenti dal momento che non sono state aumentate, come auspicato, le dosi terapeutiche sotto forma di decisiva crescita di anticorpi, quali il potenziamento quantitativo e qualitativo degli uomini e dei mezzi impiegati. Finora solo l'impegno e il sacrificio di pochi, ma valorosi "sanitari" contrasta l'andamento della febbre".