"SONO STATI ASSOLTI DEI COLPEVOLI"
L'AQUILA - "Non solo quegli arresti furono pienamente legittimi, ma per giunta sono stati assolti dei colpevoli". La vicenda dello "Scandalo Pop" si è arricchita ieri di un nuovo, clamoroso, colpo di scena. Il Procuratore generale presso la Corte d'Appello dell'Aquila, Bruno Tarquini, la più alta carica in regione della magistratura inquirente, è sceso in campo "a difesa dei giudici abruzzesi ed in particolare di quelli aquilani" messi sott'accusa dopo la piena assoluzione dell'ex Giunta regionale del presidente Salini decisa, il 7 novembre scorso, dalla Corte d'Appello di Roma, dopo un annullamento con "rinvio" della Cassazione.
Convocando la prima conferenza stampa da quando è Pg e rompendo il suo proverbiale silenzio ("Le circolari ministeriali m'impongono il riserbo" aveva sempre detto ai cronisti), con l'aiuto di una nota di 5 pagine ("Che invierò a ministro, Csm e Pg della Cassazione") il Pg ha spiegato di aver deciso dopo lunga riflessione di scendere in campo "per un senso di verità e di giustizia" e per evitare che "il silenzio sulla verità dei fatti e degli avvenimenti giudiziari finisca per avallare questa infamante campagna di delegittimazione della magistratura" visto che "non passa giorno senza che sugli organi di informazione si torni a parlare del presunto errore giudiziario". Certo, ha detto, "anche la magistratura sbaglia: i giudici sono uomini e gli errori possono scapparci. Ma non è questo il caso". L'alto magistrato ha spiegato "perchè non c'è errore".
Un complicato ragionamento giuridico così sintetizzabile: dopo la condanna in primo grado dell'intera ex Giunta e la sostanziale conferma in secondo grado (Tarquini era allora giudice della Corte d'Appello ma si occupò solo marginalmente del caso Pop), la Cassazione ha annullato la sentenza perchè carente nella dimostrazione del dolo, ossia della volontà di commettere il reato di abuso d'ufficio (favorire o danneggiare qualcuno). A parte il fatto, secondo Tarquini, che a tale conclusione la Cassazione arrivò dopo aver dichiarato inutilizzabile per vizi di forma le dichiarazioni del supertestimone Giancarlo Costantino (dirigente della Regione), la Suprema Corte concluse anche che c'era stata una "condotta" illegale della Giunta "per essere state le domande di finanziamento selezionate in base a "segnalazioni" e non a "criteri tecnico-giuridici"... e per essere state operate scelte ispirate a mere "logiche spartitorie clientelari". Dunque, ha chiarito Tarquini, era stata dimostrata la condotta illegale ma non il dolo, punto sul quale la Cassazione invitava ad una verifica la Corte d'Appello di Roma. Senonchè, sempre secondo Tarquini, è sopraggiunto un fatto nuovo. La legge di modifica del reato di abuso che ha "cambiato" il dolo del reato: il vantaggio e-o il danno che prima era solo il fine da raggiungere, ora debbono realizzarsi concretamente.
A questo punto, il Pg si è avventurato per sua stessa ammissione in ipotesi perchè "non conosco ancora le motivazioni della sentenza della Corte di Roma". L'assoluzione "perchè il fatto non sussiste" potrebbe essere stata determinata dal recepimento da parte dei giudici romani della nuova formulazione del reato. "Quindi- ha insistito il Pg- non possono nemmeno immaginarsi i motivi che hanno impedito, per esempio, di ravvisare nei fatti se non l'abuso consumato almeno il suo tentativo. Ma in ogni caso, non c'è alcun dubbio che restano definitivamente fermi tutti gli abusi elencati dalla Cassazione, sui quali non può operarsi alcuna revisione in sede giudiziaria". Dunque, questione di cavilli e "giochetti del legislatore" come li ha definiti il Pg. Ma, fanno notare alcuni legali della difesa, la questione non cambia. Ovvero, se pure la Corte romana avesse optato per "il fatto non costituisce reato" (formula che avrebbe potuto aprire un procedimento in sede civile) scegliendo la strada del vecchio reato, la Giunta sarebbe stata scagionata sempre per mancanza di dolo.
"Paradossalmente- ha concluso il Pg- gli arresti hanno fatto il gioco degli imputati perchè hanno impedito che si materializzasse il danno e-o il vantaggio previsto dal "nuovo" reato". Manette intempestive? "Mi domando- ha detto l'Avvocato generale Gaetano Dragotto, numero 2 della Procura generale intervenuto a fianco di Tarquini- se l'opinione pubblica avrebbe preferito che quei fondi si fossero assegnati in base a criteri clientelari".
Convocando la prima conferenza stampa da quando è Pg e rompendo il suo proverbiale silenzio ("Le circolari ministeriali m'impongono il riserbo" aveva sempre detto ai cronisti), con l'aiuto di una nota di 5 pagine ("Che invierò a ministro, Csm e Pg della Cassazione") il Pg ha spiegato di aver deciso dopo lunga riflessione di scendere in campo "per un senso di verità e di giustizia" e per evitare che "il silenzio sulla verità dei fatti e degli avvenimenti giudiziari finisca per avallare questa infamante campagna di delegittimazione della magistratura" visto che "non passa giorno senza che sugli organi di informazione si torni a parlare del presunto errore giudiziario". Certo, ha detto, "anche la magistratura sbaglia: i giudici sono uomini e gli errori possono scapparci. Ma non è questo il caso". L'alto magistrato ha spiegato "perchè non c'è errore".
Un complicato ragionamento giuridico così sintetizzabile: dopo la condanna in primo grado dell'intera ex Giunta e la sostanziale conferma in secondo grado (Tarquini era allora giudice della Corte d'Appello ma si occupò solo marginalmente del caso Pop), la Cassazione ha annullato la sentenza perchè carente nella dimostrazione del dolo, ossia della volontà di commettere il reato di abuso d'ufficio (favorire o danneggiare qualcuno). A parte il fatto, secondo Tarquini, che a tale conclusione la Cassazione arrivò dopo aver dichiarato inutilizzabile per vizi di forma le dichiarazioni del supertestimone Giancarlo Costantino (dirigente della Regione), la Suprema Corte concluse anche che c'era stata una "condotta" illegale della Giunta "per essere state le domande di finanziamento selezionate in base a "segnalazioni" e non a "criteri tecnico-giuridici"... e per essere state operate scelte ispirate a mere "logiche spartitorie clientelari". Dunque, ha chiarito Tarquini, era stata dimostrata la condotta illegale ma non il dolo, punto sul quale la Cassazione invitava ad una verifica la Corte d'Appello di Roma. Senonchè, sempre secondo Tarquini, è sopraggiunto un fatto nuovo. La legge di modifica del reato di abuso che ha "cambiato" il dolo del reato: il vantaggio e-o il danno che prima era solo il fine da raggiungere, ora debbono realizzarsi concretamente.
A questo punto, il Pg si è avventurato per sua stessa ammissione in ipotesi perchè "non conosco ancora le motivazioni della sentenza della Corte di Roma". L'assoluzione "perchè il fatto non sussiste" potrebbe essere stata determinata dal recepimento da parte dei giudici romani della nuova formulazione del reato. "Quindi- ha insistito il Pg- non possono nemmeno immaginarsi i motivi che hanno impedito, per esempio, di ravvisare nei fatti se non l'abuso consumato almeno il suo tentativo. Ma in ogni caso, non c'è alcun dubbio che restano definitivamente fermi tutti gli abusi elencati dalla Cassazione, sui quali non può operarsi alcuna revisione in sede giudiziaria". Dunque, questione di cavilli e "giochetti del legislatore" come li ha definiti il Pg. Ma, fanno notare alcuni legali della difesa, la questione non cambia. Ovvero, se pure la Corte romana avesse optato per "il fatto non costituisce reato" (formula che avrebbe potuto aprire un procedimento in sede civile) scegliendo la strada del vecchio reato, la Giunta sarebbe stata scagionata sempre per mancanza di dolo.
"Paradossalmente- ha concluso il Pg- gli arresti hanno fatto il gioco degli imputati perchè hanno impedito che si materializzasse il danno e-o il vantaggio previsto dal "nuovo" reato". Manette intempestive? "Mi domando- ha detto l'Avvocato generale Gaetano Dragotto, numero 2 della Procura generale intervenuto a fianco di Tarquini- se l'opinione pubblica avrebbe preferito che quei fondi si fossero assegnati in base a criteri clientelari".