SGOZZA IL PADRE E POI VA A MANGIARE
L'AQUILA - "Io sono la moglie di Tarzan, la madre di Cita. Mio padre voleva avvelenarmi con la pizza: perciò l'ho ucciso". Gianna C., 25 anni, aquilana, biondina dai tratti graziosi, l'altra notte ha quasi fatto tenerezza agli investigatori che si sono trovati di fronte una ragazza dalla mente "fusa". Una mente malata nella quale, venerdì scorso, è scattata una ferocia inaudita. Gianna ha ucciso il padre, Alberto C., 55 anni, operaio dell'Enel dell'Aquila, sgozzandolo con un coltellaccio da cucina. Poi, la giovane ha pulito con meticolosità le tracce di sangue lasciate nell'appartamento dove viveva da sola col genitore. Ha avvolto il cadavere in una coperta. Lo ha nascosto sotto un divano letto aperto in sala da pranzo. Quindi, come se nulla fosse, ha cucinato. Ha mangiato. È andata a dormire. È uscita e rientrata più volte a casa. Per tre giorni. "Papà? È uscito. Non so dove sia" ha risposto alle domande, sempre più insistenti, dei vicini.
Sembra la trama di un film dell'horror la ricostruzione di un delitto che ha scosso il capoluogo abruzzese. Un film con protagonista una ragazza malata, i cui disturbi psichici sono stati forse trascurati da una famiglia dilaniata dai guai. La sorella maggiore di Gianna, Alessandra, era stata arrestata un anno fa per droga; la madre, Enrica D'A., s'era separata dal marito andando a vivere a Pavia, così come a Brescia s'era trasferito il primogenito, il trentenne Maurizio. In mezzo alla bufera era rimasto Alberto C., "un brav'uomo che portava la sua croce" come lo ricordano nel suo quartiere, il Torrione. Col padre, Gianna era tornata ad abitare qualche mese fa dopo aver vissuto a lungo a Roma. Dopo vari ricoveri nei reparti di psichiatria, pare che la ragazza negli ultimi tempi non fosse più in cura. E dire che un anno fa aveva "vissuto" per due giorni, di notte ed al freddo, sul balcone di casa per motivi rimasti oscuri. "Eccentrica, sempre vestita in modo strano" dicono di lei al quartiere.
Ma mai nessuno avrebbe potuto immaginare tanta ferocia. Quella che è esplosa venerdì pomeriggio, forse dopo l'ennesima lite con il padre. Secondo gli investigatori, la ragazza ha colpito il genitore alle spalle, nel corridoio di casa infierendo poi sul poveretto. Sette colpi di cui uno alla gola. I due giorni di assenza nel quartiere di C. hanno cominciato a destare sospetti. Finchè il cognato della vittima, venuto da Roma, è riuscito a farsi aprire la porta dalla nipote. Ha notato il cappotto, le chiavi di casa e dell'auto nonchè il cellulare messi in ordine all'ingresso: non quadrava. È stata avvertita la polizia. Agli agenti non è stato difficile trovare quello che cercavano: sotto il letto. Gianna è stata fermata e portata in Questura dove più tardi ha ammesso tutto, facendo ritrovare il coltello nel sacchetto della spazzatura. Senza, però, dare un perchè.
Sembra la trama di un film dell'horror la ricostruzione di un delitto che ha scosso il capoluogo abruzzese. Un film con protagonista una ragazza malata, i cui disturbi psichici sono stati forse trascurati da una famiglia dilaniata dai guai. La sorella maggiore di Gianna, Alessandra, era stata arrestata un anno fa per droga; la madre, Enrica D'A., s'era separata dal marito andando a vivere a Pavia, così come a Brescia s'era trasferito il primogenito, il trentenne Maurizio. In mezzo alla bufera era rimasto Alberto C., "un brav'uomo che portava la sua croce" come lo ricordano nel suo quartiere, il Torrione. Col padre, Gianna era tornata ad abitare qualche mese fa dopo aver vissuto a lungo a Roma. Dopo vari ricoveri nei reparti di psichiatria, pare che la ragazza negli ultimi tempi non fosse più in cura. E dire che un anno fa aveva "vissuto" per due giorni, di notte ed al freddo, sul balcone di casa per motivi rimasti oscuri. "Eccentrica, sempre vestita in modo strano" dicono di lei al quartiere.
Ma mai nessuno avrebbe potuto immaginare tanta ferocia. Quella che è esplosa venerdì pomeriggio, forse dopo l'ennesima lite con il padre. Secondo gli investigatori, la ragazza ha colpito il genitore alle spalle, nel corridoio di casa infierendo poi sul poveretto. Sette colpi di cui uno alla gola. I due giorni di assenza nel quartiere di C. hanno cominciato a destare sospetti. Finchè il cognato della vittima, venuto da Roma, è riuscito a farsi aprire la porta dalla nipote. Ha notato il cappotto, le chiavi di casa e dell'auto nonchè il cellulare messi in ordine all'ingresso: non quadrava. È stata avvertita la polizia. Agli agenti non è stato difficile trovare quello che cercavano: sotto il letto. Gianna è stata fermata e portata in Questura dove più tardi ha ammesso tutto, facendo ritrovare il coltello nel sacchetto della spazzatura. Senza, però, dare un perchè.
NOTA: Per una sorta di "diritto all'oblio", sono omesse le complete generalità di alcuni protagonisti che, d'altra parte, non aggiungerebbero nulla al dramma e che, peraltro, sono pubblicate nella versione originale cartacea facilmente consultabile nelle pubbliche emeroteche.