ALL’AQUILA IL ”PAPA DELLA MAFIA”
«Mafioso tira mafioso». Se il detto usato da chi conosce Cosa Nostra è vero, allora non c'è da stare allegri. Il carcere aquilano delle Costarelle, ormai da qualche mese, ospita pezzi da novanta della criminalità organizzata.
Nomi come Giovambattista Pullarà, Antonino Troja e, soprattutto, come Michele Greco, detto ”il papa della mafia”. Quest'ultimo, considerato uno degli ultimi patriarchi di Cosa Nostra, sta scontando l'ergastolo nel carcere di Preturo tra imponenti misure di sicurezza e tra non poche preoccupazioni di chi conosce i sistemi della mafia.
Una ”piovra” che circonda di tutte le attenzioni i propri boss reclusi in luoghi lontani dalla Sicilia dove, assai spesso, finisce col mettere le radici. Il padrino è a Preturo almeno dall'inizio dell'anno ma la notizia della sua presenza è trapelata soltanto in questi giorni dopo che il figlio di Michele Greco, Giuseppe, venuto alla ribalta per il fatto che sta realizzando un film sulla mafia (”I Grimaldi”, storia di un vecchio patriarca che tanto somiglia al genitore), nelle interviste ha dichiarato: «Ogni due mesi vado a trovare mio padre nel carcere dell'Aquila. È molto malato ed è sordo: attraverso i vetri blindati sente con difficoltà la mia voce. È anche vittima dell'ingiustizia».
Giuseppe Greco ha scontato quattro anni di carcere con l'accusa di associazione a delinquere. La notizia della presenza alle Costarelle di Greco era destinata a restare riservata. Il direttore del carcere, Tullio Scarsella, sentito ieri dal Messaggero, ha opposto un cortese ma fermo «No comment».
Un comprensibile imbarazzo e riserbo quello del direttore. Anche perchè, paradossalmente, la presenza di un detenuto così ”eccellente” è una ”promozione” per la struttura aquilana che è nata come ”casa circondariale” (destinata cioè a detenuti che devono scontare una pena inferiore ai tre anni) e non come una ”casa di reclusione” (da tre anni in su, e dunque, anche gli ergastolani) nè tantomeno come un ”supercarcere”.
Ma a seguito della chiusura dei supercarceri di massima sicurezza di Pianosa e dell'Asinara, l'Amministrazione penitenziaria s'è trovata costretta a sparpagliare qua e là i pezzi da novanta. Tra le sedi prescelte c'è stata anche Costarelle, nonostante non ne avesse i titoli ma sulla base di alcune considerazioni: è un carcere di nuova costruzione; garantisce ottime condizioni di sicurezza; ha un personale altamente qualificato e ben gestito; si trova in una zona non centrale della città con vie di entrata e di uscita ben controllabili e, se non bastasse, è a due passi da Roma.
Nomi come Giovambattista Pullarà, Antonino Troja e, soprattutto, come Michele Greco, detto ”il papa della mafia”. Quest'ultimo, considerato uno degli ultimi patriarchi di Cosa Nostra, sta scontando l'ergastolo nel carcere di Preturo tra imponenti misure di sicurezza e tra non poche preoccupazioni di chi conosce i sistemi della mafia.
Una ”piovra” che circonda di tutte le attenzioni i propri boss reclusi in luoghi lontani dalla Sicilia dove, assai spesso, finisce col mettere le radici. Il padrino è a Preturo almeno dall'inizio dell'anno ma la notizia della sua presenza è trapelata soltanto in questi giorni dopo che il figlio di Michele Greco, Giuseppe, venuto alla ribalta per il fatto che sta realizzando un film sulla mafia (”I Grimaldi”, storia di un vecchio patriarca che tanto somiglia al genitore), nelle interviste ha dichiarato: «Ogni due mesi vado a trovare mio padre nel carcere dell'Aquila. È molto malato ed è sordo: attraverso i vetri blindati sente con difficoltà la mia voce. È anche vittima dell'ingiustizia».
Giuseppe Greco ha scontato quattro anni di carcere con l'accusa di associazione a delinquere. La notizia della presenza alle Costarelle di Greco era destinata a restare riservata. Il direttore del carcere, Tullio Scarsella, sentito ieri dal Messaggero, ha opposto un cortese ma fermo «No comment».
Un comprensibile imbarazzo e riserbo quello del direttore. Anche perchè, paradossalmente, la presenza di un detenuto così ”eccellente” è una ”promozione” per la struttura aquilana che è nata come ”casa circondariale” (destinata cioè a detenuti che devono scontare una pena inferiore ai tre anni) e non come una ”casa di reclusione” (da tre anni in su, e dunque, anche gli ergastolani) nè tantomeno come un ”supercarcere”.
Ma a seguito della chiusura dei supercarceri di massima sicurezza di Pianosa e dell'Asinara, l'Amministrazione penitenziaria s'è trovata costretta a sparpagliare qua e là i pezzi da novanta. Tra le sedi prescelte c'è stata anche Costarelle, nonostante non ne avesse i titoli ma sulla base di alcune considerazioni: è un carcere di nuova costruzione; garantisce ottime condizioni di sicurezza; ha un personale altamente qualificato e ben gestito; si trova in una zona non centrale della città con vie di entrata e di uscita ben controllabili e, se non bastasse, è a due passi da Roma.