"HA UCCISO LA MIA AMICA, VIOLENTATO MIA SORELLA"
dai nostri inviati -
SULMONA - "Un maniaco, un maniaco! Ha violentato ed ucciso la mia amica e mentre stuprava mia sorella sono riuscita a fuggire". Ai primi soccorritori s'è accapponata la pelle a sentire il racconto di una ragazza che, esausta e sotto choc, si reggeva la pancia insanguinata, ferita da un evidente segno di arma da fuoco. Un regista dei film dell'orrore non sarebbe forse riuscito a pensare ad una storia simile: un'escursione in alta montagna di tre ragazze in campeggio incappate in un pastore a cavallo, stupratore ed assassino. Una storia, per certi versi incredibile che, fino alla strada nottata di ieri, non ha trovato i riscontri che tutti sperano maledettamente di non trovare: i cadaveri straziati di due ragazze ventenni.
Lei, Silvia Olivetti, 22 anni di Albignasego, piccolo centro in provincia di Padova, la sua storia incredibile l'ha raccontata due volte. Una prima volta all'agricoltore che l'ha soccorsa, alla periferia di Sulmona, mentre cercava di raggiungere il centro abitato delle "Marane" fuggendo dalla montagna dove sarebbe avvenuta la brutale, assassina aggressione. Una seconda volta all'ospedale di Sulmona, dove è stata accompagnata e ricoverata: il proiettile (ma forse i colpi sono stati due) le ha trapassato prima il polso sinistro, poi le ha attraversato l'addome, danneggiando in modo non grave il fegato, ed è fuoriuscito dalla zona renale. Per lei la prognosi è riservata, anche se i sanitari hanno ribadito che non corre pericolo di vita.
Agghiacciante il racconto della ragazza. Dal campeggio a Caramanico Terme (sul versante pescarese della Maiella), con sua sorella Diana, di 23 anni, e l'amica Tamara Gobbo, anche lei ventitreenne e pure lei di Albignasego, Silvia avrebbe raggiunto Passo San Leonardo a bordo di una Ford "Fiesta sx" rossa targata PD993957. Parcheggiata l'auto all'imbocco di un sentiero, il gruppetto si è diretto verso la "Valle Dentro", un piccolo altopiano sul monte Morrone, una vetta di 1.950 metri che congiunge le due principali catene montuose abruzzesi, quella del Gran Sasso e quella della Maiella. Dopo aver fatto base al rifugio "Mandra Castrata", verso le 11 le tre ragazze si sono addentrate in un bosco. E qui avrebbero incontrato il bruto: "Un uomo sui 35, 40 anni- lo ha descritto la povera Silvia in ospedale- a cavallo. Forse era un pastore: aveva scarponi di montagna e berretto con visiera, pantaloni blu. Parlava italiano ed era armato".
In effetti nella zona, come ha confermato la Forestale, ci sono vari stazzi, sia per le pecore ma soprattutto per i cavalli. "Sotto la minaccia della pistola- ha raccontato ancora Silvia- l'ho scongiurato di lasciarci andare. Gli ho offerto i pochi soldi che avevamo". Per tutta risposta l'uomo avrebbe esploso un colpo (o forse due) contro la povera Silvia. Che sarebbe svenuta. Quando si è riavuta, stando sempre al suo racconto, la ragazza avrebbe visto accanto a se il cadavere ("Era morta, era morta" ha detto, singhiozzando ai carabinieri) dell'amica e poco più in là quel bruto che stava stuprando sua sorella Diana. Alla vista di tanta violenza e presa dalla disperazione, Silvia sarebbe riuscita a fuggire prima inerpicandosi per la montagna e scendendo poi lungo una scarpata. Avrebbe vagato oltre cinque ore in montagna prima di prendere i sentieri giusti, verso valle, in direzione di Sulmona. Intorno alle 18 avrebbe raggiunto le prime abitazioni e, quindi, è stata soccorsa. "Sembrava una tossicodipendente in crisi d'astinenza" ha raccontato l'agricoltore che per primo le ha chiesto cosa aveva da urlare disperata.
Arrivata all'ospedale di Sulmona, da principio il racconto della giovane ha destato alcuni dubbi. Vera o non vera quell'incredibile storia di violenza, sono subito scattate le ricerche a tappeto. Una gigantesca caccia all'uomo. Tutti i carabinieri disponibili presso la compagnia di Sulmona e nelle stazioni vicine hanno cercato di raggiungere i luoghi indicati dalla ragazza. Sul posto si è precipitato anche il magistrato di turno, il sostituto procuratore della Repubblica di Sulmona, Aura Scarsella nonchè agenti della polizia e uomini del soccorso alpino e della Forestale che conoscono quei posti come le loro tasche. Duecento uomini. Ma fino alla tarda ora di ieri non era stata trovata alcuna traccia. La zona non è facilmente perlustrabile e difficilmente raggiungibile persino con i fuoristrada. Oltretutto, non bastasse il buio, sulla zona si è scatenato un violentissimo temporale che ha reso ancora più difficili le operazioni che forse solo all'alba potranno riprendere al meglio: la zona è sotto un coltre di foschia e nebbia. A tardissima ora si è appreso che i carabinieri avrebbero fermato e portato in caserma due pastori. Due macedoni. Uno di loro pare portasse addosso una pistola. Ma la pista dei due pastori è stata subito scartata. Mentre qualcuno, in caserma, s'è incaricato di avvertire i genitori delle due sorelle: "Sì, signora, forse un maniaco. Stiamo vedendo".
Lei, Silvia Olivetti, 22 anni di Albignasego, piccolo centro in provincia di Padova, la sua storia incredibile l'ha raccontata due volte. Una prima volta all'agricoltore che l'ha soccorsa, alla periferia di Sulmona, mentre cercava di raggiungere il centro abitato delle "Marane" fuggendo dalla montagna dove sarebbe avvenuta la brutale, assassina aggressione. Una seconda volta all'ospedale di Sulmona, dove è stata accompagnata e ricoverata: il proiettile (ma forse i colpi sono stati due) le ha trapassato prima il polso sinistro, poi le ha attraversato l'addome, danneggiando in modo non grave il fegato, ed è fuoriuscito dalla zona renale. Per lei la prognosi è riservata, anche se i sanitari hanno ribadito che non corre pericolo di vita.
Agghiacciante il racconto della ragazza. Dal campeggio a Caramanico Terme (sul versante pescarese della Maiella), con sua sorella Diana, di 23 anni, e l'amica Tamara Gobbo, anche lei ventitreenne e pure lei di Albignasego, Silvia avrebbe raggiunto Passo San Leonardo a bordo di una Ford "Fiesta sx" rossa targata PD993957. Parcheggiata l'auto all'imbocco di un sentiero, il gruppetto si è diretto verso la "Valle Dentro", un piccolo altopiano sul monte Morrone, una vetta di 1.950 metri che congiunge le due principali catene montuose abruzzesi, quella del Gran Sasso e quella della Maiella. Dopo aver fatto base al rifugio "Mandra Castrata", verso le 11 le tre ragazze si sono addentrate in un bosco. E qui avrebbero incontrato il bruto: "Un uomo sui 35, 40 anni- lo ha descritto la povera Silvia in ospedale- a cavallo. Forse era un pastore: aveva scarponi di montagna e berretto con visiera, pantaloni blu. Parlava italiano ed era armato".
In effetti nella zona, come ha confermato la Forestale, ci sono vari stazzi, sia per le pecore ma soprattutto per i cavalli. "Sotto la minaccia della pistola- ha raccontato ancora Silvia- l'ho scongiurato di lasciarci andare. Gli ho offerto i pochi soldi che avevamo". Per tutta risposta l'uomo avrebbe esploso un colpo (o forse due) contro la povera Silvia. Che sarebbe svenuta. Quando si è riavuta, stando sempre al suo racconto, la ragazza avrebbe visto accanto a se il cadavere ("Era morta, era morta" ha detto, singhiozzando ai carabinieri) dell'amica e poco più in là quel bruto che stava stuprando sua sorella Diana. Alla vista di tanta violenza e presa dalla disperazione, Silvia sarebbe riuscita a fuggire prima inerpicandosi per la montagna e scendendo poi lungo una scarpata. Avrebbe vagato oltre cinque ore in montagna prima di prendere i sentieri giusti, verso valle, in direzione di Sulmona. Intorno alle 18 avrebbe raggiunto le prime abitazioni e, quindi, è stata soccorsa. "Sembrava una tossicodipendente in crisi d'astinenza" ha raccontato l'agricoltore che per primo le ha chiesto cosa aveva da urlare disperata.
Arrivata all'ospedale di Sulmona, da principio il racconto della giovane ha destato alcuni dubbi. Vera o non vera quell'incredibile storia di violenza, sono subito scattate le ricerche a tappeto. Una gigantesca caccia all'uomo. Tutti i carabinieri disponibili presso la compagnia di Sulmona e nelle stazioni vicine hanno cercato di raggiungere i luoghi indicati dalla ragazza. Sul posto si è precipitato anche il magistrato di turno, il sostituto procuratore della Repubblica di Sulmona, Aura Scarsella nonchè agenti della polizia e uomini del soccorso alpino e della Forestale che conoscono quei posti come le loro tasche. Duecento uomini. Ma fino alla tarda ora di ieri non era stata trovata alcuna traccia. La zona non è facilmente perlustrabile e difficilmente raggiungibile persino con i fuoristrada. Oltretutto, non bastasse il buio, sulla zona si è scatenato un violentissimo temporale che ha reso ancora più difficili le operazioni che forse solo all'alba potranno riprendere al meglio: la zona è sotto un coltre di foschia e nebbia. A tardissima ora si è appreso che i carabinieri avrebbero fermato e portato in caserma due pastori. Due macedoni. Uno di loro pare portasse addosso una pistola. Ma la pista dei due pastori è stata subito scartata. Mentre qualcuno, in caserma, s'è incaricato di avvertire i genitori delle due sorelle: "Sì, signora, forse un maniaco. Stiamo vedendo".