«NON FACCIAMO NASCERE I BAMBINI IN PROVETTA»
L'AQUILA - «Col traffico degli ovociti noi non c'entriamo nulla per il semplice fatto che non usiamo ovociti vivi nè siamo abilitati a fecondarli in provetta». Al dipartimento di Medicina interna dell'Università dell'Aquila sono saltati dalle sedie quando si sono ritrovati nell'elenco dei centri medici italiani finiti nel mirino dei carabinieri dei Nas (Nucleo antifisticazioni) nell'ambito dell'inchiesta avviata dalla Procura di Roma su presunti illeciti traffici di ovociti e gameti.
«I carabinieri proprio non li abbiamo visti- ha spiegato il professor Sandro Francavilla che, insieme al fratello Felice, è uno dei responsabili del dipartimento diretto dal professor Tonietti- nè qualcuno ci ha contattato per questioni del genere. Forse tutto è legato ad un equivoco».
«I carabinieri proprio non li abbiamo visti- ha spiegato il professor Sandro Francavilla che, insieme al fratello Felice, è uno dei responsabili del dipartimento diretto dal professor Tonietti- nè qualcuno ci ha contattato per questioni del genere. Forse tutto è legato ad un equivoco».
Domanda: Un equivoco? Quale?
«La spiegazione che ci siamo dati è questa: il famigerato elenco non è altro che il ”Registro”, tenuto dall'Istituto superiore di sanità, delle strutture che in Italia si occupano di procreazione medica assistita tanto è vero che l'Università dell'Aquila è al primo posto perchè quell'elenco è suddiviso per regioni a loro volta per ordine alfabetico: dunque, comincia con l'Abruzzo. La procreazione assistita è una branca assai vasta della medicina della riproduzione: in sintesi esiste la procreazione ”in vivo” e quella ”in vitro”».
D.: Il centro, quindi, si occupa di fecondazione ”in vivo”?
«Esattamente. Noi, in sostanza, prendiamo lo spermatozoo dell'uomo e lo impiantiamo sul collo dell'utero della donna nel cui interno ci sono già ovociti da fecondare. Nel caso, invece, della fecondazione in vitro, si prendono gli spermatozoi, si prelevano gli ovociti e, quindi, si fecondano in provetta all'esterno dell'utero materno».
D.: Il centro aquilano ha mai trattato ovociti?
«Li abbiamo trattati, ma erano ovociti morti da usare per dei test. Provenivano da Palermo, da Avellino e da qualche altro centro col quale abbiamo contatti. Ovociti morti e conservati in una speciale soluzione di solfato di ammonio, da usare per test sulla fertilità di pazienti: li abbiamo usati, cioè, per vedere se lo spermatozoo ”attaccava” o meno l'ovocita e, dunque, era in grado o meno di fecondarlo».