LogoLogo

TRAGNONE, NESSUNO LO RIMPIANGE



Segui Angelo De Nicola su Facebook


Di Pietro d'Abruzzo o un suo volgare imitatore, fine giurista o spregiudicato giustiziere, eroe della "rivoluzione democratica" o "sceriffo con la toga" gonfiata dal vento di Mani pulite? Il sostituto procuratore Fabrizio Tragnone lascia L'Aquila portandosi dietro tutte le contraddizioni che hanno segnato la sua carriera aquilana nonché la vita cittadina ed abruzzese degli ultimi quattro anni. Se ne va senza che nessuno spezzi una lancia in suo favore: nemmeno l'ex deputato Pio Rapagnà (il parlamentare con la sciarpetta rossa che batteva fragorosamente le mani a Montecitorio ogni volta che veniva citato il nome Di Pietro) suo grande sostenitore, ha speso una parola gentile, magari per scongiurarlo a restare per combattere il malaffare politico. Soltanto l'avvocato Attilio Cecchini (che un giorno, durante un processo, lo apostrofò "il dottor Sottile") gli ha reso l'onore delle armi concedendogli addirittura il prefisso nobile "Don".

Di certo, Tragnone ha segnato un'epoca. Nel bene e-o nel male. Per un periodo, quello caldo di Mani pulite, bastava citare il suo nome (come fece per telefono un anonimo burlone ad un politico) per far rischiare l'infarto a chiunque. Dopo, durante le inchieste, la sua popolarità s'è andata via via offuscando tanto che l'onorevole Vittorio Sgarbi arrivò a definirlo "Fabrizio Tontolone" in una manifestazione pubblica organizzata al Palazzo della Regione per distruggere la sua inchiesta sui fondi Pop. Quell'inchiesta finita addirittura sul New York Times che per alcuni sarebbe stata la più grande ferita inferta all'"isola felice", come Gaspari amava definire la sua regione, solo per sfrenato protagonismo alla Di Pietro, mentre per altri avrebbe invece segnato la fine della "Clientopoli", dove i favori "agli amici e agli amici degli amici" stanno per le mazzette di "Tangentopoli".

Oggi nessuno sembra rimpiangerlo, anzi. Un sali e scendi al quale, fatto singolare, Tragnone ha partecipato defilato (non ha mai tenuto una conferenza stampa, pochissime interviste, rarissime le dichiarazioni) "preferendo- come amava sottolineare- parlare con gli atti giudiziari". Proprio quegli atti che secondo molti, gli darebbero torto.

Ora resta la sua "eredità". A cominciare dalle inchieste non ancora concluse. Come quelle sul "caso Gallucci" (che costò l'arresto, in Municipio, dell'allora sindaco Giuseppe Placidi) o l'ennesima sul Teatro stabile aquilano (19 indagati dopo una prima proroga delle indagini preliminari), o quella clamorosa dei 44 arresti per l'operazione antidroga Tattooing. A novembre si apriranno i termini del concorso per coprire il posto vacante: fra un anno arriverà il nuovo Tragnone.

Commenta l'avvocato Cecchini, protagonista di epici scontri con Tragnone: "Più che un'epoca si chiude uno stile. Nella mia lunga carriera non ho mai incontrato un magistrato di tale levatura morale, intellettuale e professionale come "don Fabrizio". Un Pm capace di cogliere l'aspetto giuridico della realtà, trasformando così il fatto in diritto. Una metodologia da "giureconsulto" che spesso lui portava alla sublimazione, il diritto a tutti i costi che può sfociare nel "summum ius, summa iniuria". Su questo, spesso, ci siamo scontrati. Certo, lo rimpiango anche per la sua correttezza e lealtà nei confronti della controparte forense".

Commenta Giuseppe Placidi, l'ex sindaco che Tragnone fece arrestare: "Gli spostamenti legati alla carriera del dottor Tragnone mi lasciano del tutto indifferente. Pur potendomi considerare quantomeno tartassato, non ho perduto la fiducia nella giustizia, anche perché credo nella Giustizia superiore. Le umane debolezze assalgono chiunque, anche chi è chiamato ad assolvere compiti di altissima responsabilità. Non finisce un'epoca ma certo il superamento di una fase forse potrà restituire serenità all'Aquila come all'intero Paese. I protagonismi possono appagare chi momentaneamente vive frangenti minuscoli rispetto all'Universo".

Commenta Pio Rapagnà, ex deputato, grande tifoso di Tragnone: "Quattro anni fa avrei fatto lo sciopero della fame per impedire a Tragnone di andare via dall'Abruzzo. Oggi, invece, non mi faccio più illusioni: i Pubblici ministeri abruzzesi, da Tragnone a Di Nicola, da La Rana a Mennini, si sono arresi. Ora Tragnone addirittura se ne va. Cosa dobbiamo pensare, che non è stato capace di andare fino in fondo nelle sue inchieste sulle grandi opere pubbliche? Oppure che, sull'onda di Di Pietro e di "Mani pulite", certi Pm hanno solo puntato, usando le manette, ad uscire dall'anonimato delle loro piccole Procure di periferia?".

Commenta Pasquale Corrieri, ex assessore comunale che Tragnone fece arrestare: "Io sono stato un perseguitato dalla giustizia, dalla giustizia del signor Tragnone. Parlano i fatti: sono stato anche arrestato per quattro giorni per falsa testimonianza per una questione rivelatasi totalmente infondata; le mie denunce per calunnia sono state sempre archiviate; le venti inchieste che ho subìto si sono concluse a mio favore. Spero che nessuno abbia a patire le stesse pene che ha sofferto la mia famiglia. Comunque, buona fortuna a Tragnone. Mi dicono che la zona dove andrà è assai calda, dove la gente non è buona come qui all'Aquila".