LogoLogo

VOGLIA DI EUTANASIA



Segui Angelo De Nicola su Facebook


L’AQUILA - «Datemi due dosi di cianuro, una per me ed una per mia figlia, e non ne parliamo più: i Magrini tolgono il disturbo da questo mondo che non sa come aiutarli. Chiede, sollecita, implora l’eutanasia Romano Magrini, sessantatreenne operaio in pensione di Bologna, in questi giorni all’Aquila in cerca dell’ultima speranza per la figlia Cristina, 29 anni, metà dei quali ”vissuti” in coma per le devastanti conseguenze di un incidente. Una richiesta («datemi due pasticche») che potrebbe suonare come l’arrendersi alla cattiva sorte. E che, invece, nelle intenzioni di un operaio arrabbiato e determinatissimo, devono suonare una sconfitta per «un mondo che non sa come aiutare» quei malati che come Cristina vegetano». «E come farà mia figlia quando io sarò morto?- chiede papà Romano- In Italia non ci sono strutture capaci di far vivere malati in queste condizioni. Eppoi, anche la solidarietà fa acqua. Qui all’Aquila, tante associazioni di volontariato vengono a vedere mia figlia. Poi, non tornano più».

All’Aquila, padre e figlia sono arrivati alla fine di settembre. «Un conoscente- dice Magrini - mi aveva detto che qui c’era un medico egiziano in grado di aiutarmi». Il medico è Hesam Ali Mahmoud, per alcuni un santone, per altri un mestatore visto che è finito sott’inchiesta per truffa.

L’operaio è in pensione da quattordici anni, da quel maledetto 18 novembre del 1981, quando, a Bologna, la quindicenne Cristina venne investita sotto casa «mentre, sulle strisce pedonali, correva dalla mamma a raccontarle che aveva preso un bel voto». Da quel giorno la ragazza è in coma, mentre il padre non ha cessato di assisterla, giorno e notte, specie dopo che nel gennaio ‘92 ha perso la moglie, Franca Gandolfi, stroncata da un tumore. «Io vivo per mia figlia- dice Magrini- Non conosco ti mondo esterno se non attraverso La Tv. Ma io sono arrivato. Ho già 63 anni ed i quattordici passati a fare il medico, l’infermiere, il fisioterapista,l’autista, il cuoco ed il padre valgono almeno il doppio. Io morirò. E mia figlia che fine farà? Grazie alle cure in questo centro dove dovrebbe stare tre anni, Cristina è migliorata moltissimo. Ma mi ha dette il medico egiziano che, al massimo, la mia piccola potrà stare seduta e tenete finalmente il capo sorretto. Speravo in qualcosa in più. Speravo che potesse tornare almeno a sorridermi. E dopo? Ho cercato anche un’altra ”mamma”. Mi hanno risposto donne che avevano loro bisogno di aiuto. Una mi disse sposiamoci e mettiamo Cristina in un istituto. No, non ci sto. Per favore, datemi due pasticche».