AVEZZANO, CACCIA ALLO STRANIERO
AVEZZANO - «Bastardi albanesi, vi sgozzeremo tutti». La scritta su un muro all’uscita dell’autostrada A24 ”Roma-L’Aquila” dà il benvenuto ad una città, Avezzano, che da domenica sera è diventata una polveriera. Da quando, cioè, il ventenne avezzanese Pasquale De Ciantis è stato ammazzato da due coetanei albanesi con una coltellata al cuore, fuori da una discoteca, per una storia di donne. Un assurdo omicidio che ha innescato una gigantesca caccia allo straniero. Prima scaramucce, poi, nella nottata tra martedì e ieri, vere e proprie rappresaglie proprio quando, dopo due giorni di incessanti indagini, polizia e carabinieri erano finalmente riusciti a mettere le mani sui due presunti assassini: Artor Hekuri, costituitosi presso un comando dei carabinieri a Milano e Fatmir Lizi bloccato a Ponte Chiasso, alla frontiera con la Svizzera.
Una notte infuocata. Una banda di una trentina di teste calde ha appiccato il fuoco a due abitazioni occupate da alcuni dei duemila extracomunitari (in gran parte slavi, marocchini ed albanesi) che nella Marsica fanno i braccianti al Fucino o i muratori nei vari cantieri. Armati di taniche di benzina, pistole scacciacani e di una bottiglia molotov, un gruppo di amici della vittima si sono riuniti in piazza, al Gran Caffè. Sono saltati su dieci auto raggiungendo un casolare nell’immediata periferia, rifugio di fortuna di extracomunitari di colore. Hanno costretto gli occupanti a rifugiarsi al primo piano. Hanno appiccato il fuoco al pian terreno, costringendo i malcapitati a gettarsi dalle finestre. Un marocchino, cadendo, s’è rotto una mano. Ma niente di più grave. Poi, la banda s’è diretta verso un centro vicino, Luco dei Marsi, dove s’è rischiato il peggio: la rudimentale molotov lanciata contro una casa occupata da stranieri non è esplosa. Fine del raid: la banda è stata intercettata e bloccata dalle forze dell’ordine. Già dalla serata di domenica qualcuno aveva cercato di farsi giustizia da sè. Perciò Avezzano erano arrivati rinforzi. L’altra notte erano oltre una cinquantina gli uomini che pattugliavano la città. Trenta i giovati identificati: cinque trattenuti con un fermo di polizia, venticinque denunciati. Tutti sono indagati per incendio doloso, violazione di domicilio, percosse con l’aggravante di aver agito per motivi razziali. «Farsi giustizia da soli è una vergogna per la Marsica e tutto l’Abruzzo- ha commentato Mario Spallone, sindaco Pds di Avezzano ed ex medico personale di Togliatti-. Una barbaria da condannare. Anche se non è giusto confondere alcuni facinorosi con la brava gente della Marsica».
Brava gente che, però, sembra digerire a fatica gli stranieri. Forse perché sono gli stranieri a segnalarsi per i più gravi episodi di violenza: tre omicidi negli ultimi tempi. Domenica mattina, qualche ora prima dell'assassino, un uomo ha picchiato senza motivo un bambino marocchino di dieci anni che vendeva accendini. L’accoltellamento davanti alla discoteca, ha gettato benzina su un fuoco già acceso. Già lunedì, una ventina di ragazzi aveva organizzato una spedizione punitiva (fallita) contro la casa dove abitano albanesi parenti di Lizi, «Ancora lui, ora basta!»: a molti non è andato giù il fatto che Lizi, un anno e mezzo fa era stato arrestato ad Avezzano per violenza carnale su due minorenni di Temi. In casa gli trovarono due coltelli. «Dovevano rimpatriarlo, più volte abbiamo sollecitato il provvedimento di espulsione» ringhia tra i denti un poliziotto. «Non vogliamo criminalizzare nessuno- commenta Francesco Sciarretta, segretario della Federazione di An di Avezzano-, ma i controlli sono insufficienti. La legge Martelli è inapplicata».
Don Antonio Masci, direttore della Caritas di Avezzano (che oltre agli stranieri una mensa ed un servizio medico di base), cerca di spegnere il fuoco: «S’è trattato di una reazione di tipo primitivo scatenata dal fatto di sangue dovuta soprattutto al fatto che, dopo l’omicidio, i giovani si sono sentiti minacciati in prima persona. C’è una sostanziale integrazione. Ma è necessaria una legislazione più sicura, poiché la legge Martelli non ha certamente risolto i problemi». Anche il padre della vittima, il carrozziere Antonio De Ciantis, lancia un appello: «Se la morte di mio figlio può servire ad evitare altre tragedie, allora sono disposto a perdonare gli assassini. Ma le spedizioni punitive non servono. Fermatevi ragazzi, figli miei! C’è già un martire». Ad Avezzano comincia un’altra notte.
Una notte infuocata. Una banda di una trentina di teste calde ha appiccato il fuoco a due abitazioni occupate da alcuni dei duemila extracomunitari (in gran parte slavi, marocchini ed albanesi) che nella Marsica fanno i braccianti al Fucino o i muratori nei vari cantieri. Armati di taniche di benzina, pistole scacciacani e di una bottiglia molotov, un gruppo di amici della vittima si sono riuniti in piazza, al Gran Caffè. Sono saltati su dieci auto raggiungendo un casolare nell’immediata periferia, rifugio di fortuna di extracomunitari di colore. Hanno costretto gli occupanti a rifugiarsi al primo piano. Hanno appiccato il fuoco al pian terreno, costringendo i malcapitati a gettarsi dalle finestre. Un marocchino, cadendo, s’è rotto una mano. Ma niente di più grave. Poi, la banda s’è diretta verso un centro vicino, Luco dei Marsi, dove s’è rischiato il peggio: la rudimentale molotov lanciata contro una casa occupata da stranieri non è esplosa. Fine del raid: la banda è stata intercettata e bloccata dalle forze dell’ordine. Già dalla serata di domenica qualcuno aveva cercato di farsi giustizia da sè. Perciò Avezzano erano arrivati rinforzi. L’altra notte erano oltre una cinquantina gli uomini che pattugliavano la città. Trenta i giovati identificati: cinque trattenuti con un fermo di polizia, venticinque denunciati. Tutti sono indagati per incendio doloso, violazione di domicilio, percosse con l’aggravante di aver agito per motivi razziali. «Farsi giustizia da soli è una vergogna per la Marsica e tutto l’Abruzzo- ha commentato Mario Spallone, sindaco Pds di Avezzano ed ex medico personale di Togliatti-. Una barbaria da condannare. Anche se non è giusto confondere alcuni facinorosi con la brava gente della Marsica».
Brava gente che, però, sembra digerire a fatica gli stranieri. Forse perché sono gli stranieri a segnalarsi per i più gravi episodi di violenza: tre omicidi negli ultimi tempi. Domenica mattina, qualche ora prima dell'assassino, un uomo ha picchiato senza motivo un bambino marocchino di dieci anni che vendeva accendini. L’accoltellamento davanti alla discoteca, ha gettato benzina su un fuoco già acceso. Già lunedì, una ventina di ragazzi aveva organizzato una spedizione punitiva (fallita) contro la casa dove abitano albanesi parenti di Lizi, «Ancora lui, ora basta!»: a molti non è andato giù il fatto che Lizi, un anno e mezzo fa era stato arrestato ad Avezzano per violenza carnale su due minorenni di Temi. In casa gli trovarono due coltelli. «Dovevano rimpatriarlo, più volte abbiamo sollecitato il provvedimento di espulsione» ringhia tra i denti un poliziotto. «Non vogliamo criminalizzare nessuno- commenta Francesco Sciarretta, segretario della Federazione di An di Avezzano-, ma i controlli sono insufficienti. La legge Martelli è inapplicata».
Don Antonio Masci, direttore della Caritas di Avezzano (che oltre agli stranieri una mensa ed un servizio medico di base), cerca di spegnere il fuoco: «S’è trattato di una reazione di tipo primitivo scatenata dal fatto di sangue dovuta soprattutto al fatto che, dopo l’omicidio, i giovani si sono sentiti minacciati in prima persona. C’è una sostanziale integrazione. Ma è necessaria una legislazione più sicura, poiché la legge Martelli non ha certamente risolto i problemi». Anche il padre della vittima, il carrozziere Antonio De Ciantis, lancia un appello: «Se la morte di mio figlio può servire ad evitare altre tragedie, allora sono disposto a perdonare gli assassini. Ma le spedizioni punitive non servono. Fermatevi ragazzi, figli miei! C’è già un martire». Ad Avezzano comincia un’altra notte.