GLI ALLIEVI FINANZIERI: «CHI HA SBAGLIATO PAGHI»
L’AQUILA - «Ecco, quello è un allievo dalla Scuola della Guardia di Finanza!». A passeggio per la strade del centro cittadino, il finanziere del domani che per un anno si forgia nella caserma-scuola dell’Aquila, si riconosce subito: capello rasato (ma non troppo), sbarbato e, soprattutto, giacca e cravatta e scarpe a riporto. Per quelle ragazze a caccia di avventure (o di marito), abituate alle ”molestie” (per fortuna solo verbali) dei numerosi militari di una città zeppa di caserme, ed alle ristrettezze cui sono costretti gli studenti fuori sede della molte ed importanti Facoltà universitarie, da due anni è cambiata la vita. Da quando è stata aperta la scuola, i finanzieri sono diventati le ”prede” più appetibili ed il tradizionale struscio ”sotto i portici” s’è rianimato di scambi di sguardi ammiccanti. Facile individuarli: sono tutti in giacca e cravatta (stile ”yuppie”). Glielo impone una precisa direttiva per distinguersi, quando sono in borghese, dagli altri militari.
Orgoglio di Corpo. Lo stesso per il quale, i militari vanno in pizzeria ed i finanzieri al ristorante; i militari fanno la fila al telefono a schede, i finanzieri chiamano casa col loro telefonino; i militari fanno l’autostop per rientrare in caserma mentre i finanzieri hanno la loro ”navetta” coi sedili imbottiti. L’orgoglio, appunto. Il suo profumo riesce perfino a sovrastare quello di un fumante risotto allo zafferano servito al tavolo di un ristorante molto frequentato dai finanzieri. Sono infatti tutte impregnate di orgoglio le risposte dei giovani ex allievi, congedati da una settimana, alle domanda del cronista su quale atmosfera si respira alla scuola dopo lo scandalo che sta travolgendo il Corpo sul quale, come ha scritto Saverio Vertone, si sta abbattendo l’ultima centrifuga di Dash del pool di ”Mani pulite”. Un ”bucato”, per giunta, macchiato dal sangue di cinque suicidi. «Se lo vuol proprio sapere questa maledetta storia ha finito col rafforzare la nostra determinazione- sbotta un sottufficiale ma solo dopo che il cronista gli ha giurato di garantirgli l’anonimato-. Per me, diventare un finanziere era un mito. Lo resta. Eppoi le mele marce ci sono dovunque. Anche tra i preti, compresi i giornalisti». Rispunta l’orgoglio: «No, non è l’argomento principale delle nostre conversazioni- aggiunge un allievo congedatosi appena la scorsa settimana- certo, se ne parla. Sentiamo la Tv e leggiamo i giornali. A volte si discute tra chi è contento e chi no». Cioè? «Ma sì, a qualcuno dispiace che l’immagine del nostro Corpo venga intaccato da pochi irresponsabili, se irresponsabili si dimostrerà che sono stati. Dispiace, insomma, che si faccia, come sempre, di tutta l’erba un fascio. Ma per la maggior parte, siamo tutti contenti che si faccia pulizia».
Finanziere uguale mito: buono stipendio, posto sicuro, facilitazioni, prestigio sociale, un gradino sopra gli altri militari fin dalla scuola. Ma il corso di due anni (all’Aquila si arriva dopo il primo anno nella scuola di Cuneo per poi essere dislocati nei comandi di tutt’Italia, Nucleo di Milano compreso) prepara anche a resistere alle lusinghe? «O si è onesti o non lo si è- s’arrabbia un altro sottufficiale, fresco anche lui di gradi-. Chi non resiste a certe ”sirene” non è un buon finanziere ma nemmeno un buon uomo». Orgoglio ma anche tanta voglia di capire: «Alla scuola non ci dicono le cose come stanno davvero- prende coraggio un sottufficiale- non ci si può dire che questo o quel generale coinvolto nell’inchiesta è un delinquente senza spiegarci il perché. Maggior informazione e trasparenza servirebbero non solo a formarci meglio ma anche a tirar fuori prima tutto il pus dalla ferita che, indubbiamente, s’è aperta. Alla scuola c’è tutta gente che viene dal ”Gico” o dalla ”Dia”: gente che sa molto». Anche dall’ufficio stampa della Scuola aquilana, ieri, non sono arrivati commenti ufficiali: «L’argomento è troppo soggettivo, impossibile dare una risposta. È meglio parlarne col comandante della Scuola, il colonnello Gino Gorelli che ora non c’è. Il colonnello ieri era a Milano: fa parte, infatti, parte della Commissione interna della Guardia di Finanza istituita dopo i noti fatti».
Orgoglio di Corpo. Lo stesso per il quale, i militari vanno in pizzeria ed i finanzieri al ristorante; i militari fanno la fila al telefono a schede, i finanzieri chiamano casa col loro telefonino; i militari fanno l’autostop per rientrare in caserma mentre i finanzieri hanno la loro ”navetta” coi sedili imbottiti. L’orgoglio, appunto. Il suo profumo riesce perfino a sovrastare quello di un fumante risotto allo zafferano servito al tavolo di un ristorante molto frequentato dai finanzieri. Sono infatti tutte impregnate di orgoglio le risposte dei giovani ex allievi, congedati da una settimana, alle domanda del cronista su quale atmosfera si respira alla scuola dopo lo scandalo che sta travolgendo il Corpo sul quale, come ha scritto Saverio Vertone, si sta abbattendo l’ultima centrifuga di Dash del pool di ”Mani pulite”. Un ”bucato”, per giunta, macchiato dal sangue di cinque suicidi. «Se lo vuol proprio sapere questa maledetta storia ha finito col rafforzare la nostra determinazione- sbotta un sottufficiale ma solo dopo che il cronista gli ha giurato di garantirgli l’anonimato-. Per me, diventare un finanziere era un mito. Lo resta. Eppoi le mele marce ci sono dovunque. Anche tra i preti, compresi i giornalisti». Rispunta l’orgoglio: «No, non è l’argomento principale delle nostre conversazioni- aggiunge un allievo congedatosi appena la scorsa settimana- certo, se ne parla. Sentiamo la Tv e leggiamo i giornali. A volte si discute tra chi è contento e chi no». Cioè? «Ma sì, a qualcuno dispiace che l’immagine del nostro Corpo venga intaccato da pochi irresponsabili, se irresponsabili si dimostrerà che sono stati. Dispiace, insomma, che si faccia, come sempre, di tutta l’erba un fascio. Ma per la maggior parte, siamo tutti contenti che si faccia pulizia».
Finanziere uguale mito: buono stipendio, posto sicuro, facilitazioni, prestigio sociale, un gradino sopra gli altri militari fin dalla scuola. Ma il corso di due anni (all’Aquila si arriva dopo il primo anno nella scuola di Cuneo per poi essere dislocati nei comandi di tutt’Italia, Nucleo di Milano compreso) prepara anche a resistere alle lusinghe? «O si è onesti o non lo si è- s’arrabbia un altro sottufficiale, fresco anche lui di gradi-. Chi non resiste a certe ”sirene” non è un buon finanziere ma nemmeno un buon uomo». Orgoglio ma anche tanta voglia di capire: «Alla scuola non ci dicono le cose come stanno davvero- prende coraggio un sottufficiale- non ci si può dire che questo o quel generale coinvolto nell’inchiesta è un delinquente senza spiegarci il perché. Maggior informazione e trasparenza servirebbero non solo a formarci meglio ma anche a tirar fuori prima tutto il pus dalla ferita che, indubbiamente, s’è aperta. Alla scuola c’è tutta gente che viene dal ”Gico” o dalla ”Dia”: gente che sa molto». Anche dall’ufficio stampa della Scuola aquilana, ieri, non sono arrivati commenti ufficiali: «L’argomento è troppo soggettivo, impossibile dare una risposta. È meglio parlarne col comandante della Scuola, il colonnello Gino Gorelli che ora non c’è. Il colonnello ieri era a Milano: fa parte, infatti, parte della Commissione interna della Guardia di Finanza istituita dopo i noti fatti».