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«DOTTORE HO INFLUENZA». «SI SPOGLI TUTTA»



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L’AQUILA - Palpare il seno e la zona inguinale di una paziente affetta da influenza non solo non configura il reato di atti di libidine violenta ma, anzi, è un accertamento che il buon medico deve fare. È quanto ha stabilito il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale dell’Aquila, Romolo Como, che ieri mattina ha prosciolto («perché il ratto non costituisce reato») un giovane medico finito nei guai dopo la pesante denuncia («Mi ha toccata!») di una ventitreenne ed avvenente paziente romana. Il dottor Remo F., 39 anni, si trovava in servizio di guardia medica a Montereale (centro a pochi chilometri dal capoluogo abruzzese) quando fu raggiunto in ambulatorio da L.O. che accusava febbre insistente e sintomi influenzati ma che, per il reato, scoppiava di salute. Per visitarla, il medico la fece spogliare, palpandole il seno e la zona inguinale per valutare, si è poi difeso il professionista, un eventuale interessamento delle ghiandole. La ragazza, però, ritenne che F. s’era spinto oltre, ”sconfinando” dall’esame medico e compiendo così atti di libidine. Perciò, spaventata soprattutto quando il dottore le avrebbe chiesto di voltarsi di spalle, la giovane ha raccontato di essere stata costretta a fuggire dall’ambulatorio. Da dove si recò dritta dritta nella caserma dei carabinieri per sporgere denuncia: quella mano morta, disse risoluta, non aveva proprio nulla a che vedere col raffreddore.

Avviate le indagini, il sostituto procuratore aquilano Fabrizio Tragnone ha chiesto al Gip il rinvio a giudizio di F. con la pesante accusa di atti libidine violenta. Secondo il Pubblico ministero, nonostante la sua consulenza di parte (affidata al dottor Elio Nardecchia) avesse concluso che F. aveva agito in modo corretto, c’era bisogno del vaglio di un processo. Sul Gip probabilmente devono aver fatto presa le tesi del consulente di parte della difesa, il professor Luciano Onori, ”internista” di fama nazionale. Nella sua perizia, l’esperto ha sostenuto innanzitutto che le analisi svolte dal giovane collega erano previste dai testi di medicina generale ed erano indirizzate ad accertare se, a seguito dell’infezione, si fossero ingrossate le ghiandole linfatiche. «È nella migliore tradizione medica- ha spiegato il consulente- ”palpare” collo, mammelle, ascelle, addome, e le regioni inguinali. ”Manovre” che vanno espletate per verificare la presenza o meno di ernie o tumefazioni linfoghiandolari e che andrebbero sempre eseguite da parte del medico». Ma il professor Onori è andato oltre, facendone una questione di filosofia della medicina: «La vera violenza non sta nel ”toccare” il paziente come vuole la tradizione ippocratica per sondare ogni possibile malattia, bensì quando il medico considera il paziente come un semplice numero». «Il mio assistito è un dottore, non un dottore in legge» ha detto in udienza il legale del medico, l’avvocato Riccardo Lopardi.

Il richiamo ai sacri testi ippocratici ha in sostanza salvato il medico da uno spiacevole processo davanti al Tribunale. Il Gip ha ritenuto che non vi fossero elementi, nonostante le insistenze della donna, per giudicare troppo ”focoso” l’atteggiamento del professionista.

NOTA: Per una sorta di "diritto all'oblio", sono omesse le complete generalità di alcuni protagonisti che, d'altra parte, non aggiungerebbero nulla al dramma e che, peraltro, sono pubblicate nella versione originale cartacea facilmente consultabile nelle pubbliche emeroteche.