TRAGNONE: NON FACCIO LO SCERIFFO
La pipa poggiata ordinatamente sul tavolo, spenta come nei giorni di guerra. Eppure non spirano segnali di fumo ostili dalla stanza del sostituto procuratore Fabrizio Tragnone, fino a qualche giorno fa accampamento-bunker mai espugnato dai giornalisti- pionieri costretti, nonostante l'avvento di Tangentopoli, a subire almeno un interrogatorio al mese, come testimoni, nell'ambito delle varie inchieste avviate dalla stessa Procura su presunte fughe di notizie e-o violazioni di segreto istruttorio riguardanti uomini politici. Niente venti di guerra. Anzi, ieri mattina, Tragnone ha ricevuto nel suo ufficio i cronisti che avevano chiesto un incontro al magistrato al centro, negli ultimi giorni, di feroci attacchi. Prima dell'onorevole Marco Pannella e poi dell'onorevole Remo Gaspari sulla stesso tema: Tragnone chiede proroghe delle indagini per le sue inchieste "calde", partite magari con le manette (vedi lo "Scandalo Pop"), perché non ha nulla in mano.
Lui, Tragnone s'è difeso (a modo suo), proprio nel giorno in cui è trapelata la notizia (sarà aperta un'altra inchiesta?) che il Pm ha chiesto al Gip la possibilità di indagare altra sei mesi per uno dei fascicoli più scottanti. Ovvero l'appalto da 78 miliardi vinto dalla Cogefar per il quale Tragnone stesso aveva già ottenuto nell'ottobre scorso una prima proroga. Una proroga della proroga, quindi, destinata a surriscaldare le polemiche su un magistrato prima osannato ed oggi, invece, nel mirino di molti.
Tragnone "umano". Sarà stato l'effetto-Pannella. Fatto sta che ieri il Pm ha ricevuto, quasi a braccia aperte, i giornalisti un tempo messi (cortesemente) alla porta. Comprese le grandi firme venute a seguire il caso, primo in Italia, dell'arresto di un'intera Giunta regionale. Sull'attacco di Pannella ("E' uno sceriffo che fa solo retate e poi chiede la proroga") la risposta è scontata ma significativa. "Non posso e non voglio rispondere- ha detto- sul fatto personale. Quanto al merito dell'inchiesta sui Pop, le risposte verranno nelle competenti sedi istituzionali. Quelle stesse sedi che, finora, hanno sempre dato ragione alle mie tesi come il Gip che ha accolto la mia richiesta di ordini di custodia cautelare ed il Tribunale della Libertà e la Cassazione che hanno confermato quei provvedimenti". Sull'attacco di Gaspari ("Per i "voli blu" ha chiesto la proroga perché non ha prove in mano"), Tragnone ha spiegato che attualmente il suo ruolo nell'inchiesta è marginale poiché, trattandosi di "reato ministeriale", la questione compete allo speciale "Tribunale dei ministri". Tutto qua. Più tanti gentili ma fermissimi "no comment" alle altre domande dei giornalisti i quali, approfittando dell'occasione "storica", si sono scatenati su tutti i fronti.
Cogefar, altri sei mesi. Tragnone si difende dalle accuse citando fatti, ma intanto dal suo ufficio continuano ad uscire solo richieste di proroghe delle indagini preliminari. Come nel caso delle inchieste riguardanti la Cogefar, una delle ditte maggiormente coinvolte nella Tangentopoli milanese e vincitrice, in Abruzzo, di numerosi appalti miliardari. Solo qualche giorno fa, Tragnone ha chiesto la proroga per l'inchiesta (19 indagati "eccellenti") sull'appalto del sesto lotto (26 miliardi) dell'ospedale regionale dell'Aquila, vinto appunto dalla Cogefar. Subito dopo, ha chiesto al Gip la proroga della inchiesta (13 indagati) sull'appalto per le forniture sanitarie (78 miliardi) per lo stesso ospedale vinto dalla stessa ditta.
La cosa, a molti apparsa quantomeno singolare, è che Tragnone aveva già chiesto una proroga delle indagini alla fine dell'ottobre scorso in cui si sosteneva l'ipotesi di concorso in abuso d'ufficio (cioè di aver favorito la Cogefar) per l'ex presidente della Usl dell'Aquila Antonio Bove e per i membri dell'ex Comitato di gestione Antonio Matarelli, Umberto Murgo, Carmine Ricci, Romano Fantasia, e Feliciano Giardino; per i componenti della commissione aggiudicatrice dell'appalto (presieduta da Bove) Elio Guzzanti, Cesare Catananti, Eriberto D'Alessandro; per il direttore dei lavori, Gaspare Squadrilli e per i tre coordinatori della Usl, Lucio Gialloreti, Marino Imperiale e Luigi Sollecchia.
Da quando circa un anno fa, nell'aprile del '92, è scattata l'inchiesta (su esposto della ditta aquilana che ha perduto l'appalto, l'aquilana "Iniseo Irti") gli indagati non sono stati nemmeno interrogati. Né durante i primi sei mesi di indagini, né negli ulteriori sei mesi dopo la prima proroga. Anzi, dall'ottobre scorso ad oggi, lo scottante fascicolo sarebbe rimasto in qualche armadio. Nonostante ci sia una consulenza di parte assai "pesante", dalla quale sarebbe emerso, in particolare, che l'appalto diviso in 63 miliardi per fornitura di apparecchiature sanitarie e "soltanto" 15 miliardi per opere murarie venne assegnato ad un'impresa (la Cogefar) specializzata nel settore dell'edilizia e che si ritirarono all'improvviso dalla gara alcune ditte specializzate in tali apparecchiature (la "Siemens" e la "Phillipp Holzman") contattate poi dalla stessa Cogefar per acquistare la strumentazione che occorrevano.
Il "nodo" delle proroghe. A parte la proverbiale pignoleria e "lentezza" di Tragnone (quando era Giudice istruttore firmò un solo rinvio a giudizio per un rapinatore del quale erano state trovate le impronte digitali sulla cassaforte), in molti cominciano a chiedersi perché la Procura aquilana va avanti, finora, solo a "colpi" di proroghe, specie sulle inchieste scottanti. Non molti, d'altra parte, ricordano che Tragnone è stato sostanzialmente da solo, dopo la morte a settembre del Procuratore Capo, Mario Ratiglia, e che soltanto dalla fine di gennaio è stato appoggiato da un sostituto effettivo, mentre il nuovo Procuratore capo, Gianlorenzo Piccioli, s'è insediato la scorsa settimana. Per questo, secondo alcuni, si starebbe scaricando tutto assieme in questi giorni l'enorme "carico" accumulato negli ultimi sei mesi e, dunque, solo da ora in poi la Procura aquilana (e Tragnone per primo) sarebbe davvero sotto esame. Nel senso che fra sei mesi, nuove richieste di proroghe non sarebbero più ammissibili.
Lui, Tragnone s'è difeso (a modo suo), proprio nel giorno in cui è trapelata la notizia (sarà aperta un'altra inchiesta?) che il Pm ha chiesto al Gip la possibilità di indagare altra sei mesi per uno dei fascicoli più scottanti. Ovvero l'appalto da 78 miliardi vinto dalla Cogefar per il quale Tragnone stesso aveva già ottenuto nell'ottobre scorso una prima proroga. Una proroga della proroga, quindi, destinata a surriscaldare le polemiche su un magistrato prima osannato ed oggi, invece, nel mirino di molti.
Tragnone "umano". Sarà stato l'effetto-Pannella. Fatto sta che ieri il Pm ha ricevuto, quasi a braccia aperte, i giornalisti un tempo messi (cortesemente) alla porta. Comprese le grandi firme venute a seguire il caso, primo in Italia, dell'arresto di un'intera Giunta regionale. Sull'attacco di Pannella ("E' uno sceriffo che fa solo retate e poi chiede la proroga") la risposta è scontata ma significativa. "Non posso e non voglio rispondere- ha detto- sul fatto personale. Quanto al merito dell'inchiesta sui Pop, le risposte verranno nelle competenti sedi istituzionali. Quelle stesse sedi che, finora, hanno sempre dato ragione alle mie tesi come il Gip che ha accolto la mia richiesta di ordini di custodia cautelare ed il Tribunale della Libertà e la Cassazione che hanno confermato quei provvedimenti". Sull'attacco di Gaspari ("Per i "voli blu" ha chiesto la proroga perché non ha prove in mano"), Tragnone ha spiegato che attualmente il suo ruolo nell'inchiesta è marginale poiché, trattandosi di "reato ministeriale", la questione compete allo speciale "Tribunale dei ministri". Tutto qua. Più tanti gentili ma fermissimi "no comment" alle altre domande dei giornalisti i quali, approfittando dell'occasione "storica", si sono scatenati su tutti i fronti.
Cogefar, altri sei mesi. Tragnone si difende dalle accuse citando fatti, ma intanto dal suo ufficio continuano ad uscire solo richieste di proroghe delle indagini preliminari. Come nel caso delle inchieste riguardanti la Cogefar, una delle ditte maggiormente coinvolte nella Tangentopoli milanese e vincitrice, in Abruzzo, di numerosi appalti miliardari. Solo qualche giorno fa, Tragnone ha chiesto la proroga per l'inchiesta (19 indagati "eccellenti") sull'appalto del sesto lotto (26 miliardi) dell'ospedale regionale dell'Aquila, vinto appunto dalla Cogefar. Subito dopo, ha chiesto al Gip la proroga della inchiesta (13 indagati) sull'appalto per le forniture sanitarie (78 miliardi) per lo stesso ospedale vinto dalla stessa ditta.
La cosa, a molti apparsa quantomeno singolare, è che Tragnone aveva già chiesto una proroga delle indagini alla fine dell'ottobre scorso in cui si sosteneva l'ipotesi di concorso in abuso d'ufficio (cioè di aver favorito la Cogefar) per l'ex presidente della Usl dell'Aquila Antonio Bove e per i membri dell'ex Comitato di gestione Antonio Matarelli, Umberto Murgo, Carmine Ricci, Romano Fantasia, e Feliciano Giardino; per i componenti della commissione aggiudicatrice dell'appalto (presieduta da Bove) Elio Guzzanti, Cesare Catananti, Eriberto D'Alessandro; per il direttore dei lavori, Gaspare Squadrilli e per i tre coordinatori della Usl, Lucio Gialloreti, Marino Imperiale e Luigi Sollecchia.
Da quando circa un anno fa, nell'aprile del '92, è scattata l'inchiesta (su esposto della ditta aquilana che ha perduto l'appalto, l'aquilana "Iniseo Irti") gli indagati non sono stati nemmeno interrogati. Né durante i primi sei mesi di indagini, né negli ulteriori sei mesi dopo la prima proroga. Anzi, dall'ottobre scorso ad oggi, lo scottante fascicolo sarebbe rimasto in qualche armadio. Nonostante ci sia una consulenza di parte assai "pesante", dalla quale sarebbe emerso, in particolare, che l'appalto diviso in 63 miliardi per fornitura di apparecchiature sanitarie e "soltanto" 15 miliardi per opere murarie venne assegnato ad un'impresa (la Cogefar) specializzata nel settore dell'edilizia e che si ritirarono all'improvviso dalla gara alcune ditte specializzate in tali apparecchiature (la "Siemens" e la "Phillipp Holzman") contattate poi dalla stessa Cogefar per acquistare la strumentazione che occorrevano.
Il "nodo" delle proroghe. A parte la proverbiale pignoleria e "lentezza" di Tragnone (quando era Giudice istruttore firmò un solo rinvio a giudizio per un rapinatore del quale erano state trovate le impronte digitali sulla cassaforte), in molti cominciano a chiedersi perché la Procura aquilana va avanti, finora, solo a "colpi" di proroghe, specie sulle inchieste scottanti. Non molti, d'altra parte, ricordano che Tragnone è stato sostanzialmente da solo, dopo la morte a settembre del Procuratore Capo, Mario Ratiglia, e che soltanto dalla fine di gennaio è stato appoggiato da un sostituto effettivo, mentre il nuovo Procuratore capo, Gianlorenzo Piccioli, s'è insediato la scorsa settimana. Per questo, secondo alcuni, si starebbe scaricando tutto assieme in questi giorni l'enorme "carico" accumulato negli ultimi sei mesi e, dunque, solo da ora in poi la Procura aquilana (e Tragnone per primo) sarebbe davvero sotto esame. Nel senso che fra sei mesi, nuove richieste di proroghe non sarebbero più ammissibili.