CHI È IL PM TRAGNONE
L’AQUILA - Al palazzo di giustizia dell’Aquila nessuno vorrebbe lavorare con lui. Formalista, pignolo ai limiti del maniacale, non conosce orari e spesso si fa portare i fascicoli anche a casa. Chi lavora con lui sa che quasi sicuramente salterà il pranzo e, forse, anche la cena. Il sostituto procuratore Fabrizio Tragnone, il Pm che non ha esitato ad arrestate-spazzare la Giunta regionale d’Abruzzo, considerato una specie di marziano: «Chissà che ne pensa la moglie?» si chiedono in Procura.
Il ”Di Pietro d’Abruzzo” è nato a Chieti il 22 ottobre di trentanove anni fa. Figlio di un direttore di banca, è sposato con la signora Emanuela, figlia di un notissimo penalista di Lanciano, Guido La Morgia, morto tempo fa all’uscita del carcere di Pescara dopo l’interrogatorio di un suo assistito. Ha tre figli. Unici hobby la pipa ed il calcetto. Professionalmente è cresciuto all’interno del palazzo di Giustizia aquilano dove ha cominciato come uditore. Ai primi degli anni Ottanta diventa pretore, poi giudice del Tribunale civile, infine giudice istruttore. Un ruolo che forse poco si conciliava con la sua pignoleria. Nel volgere di un anno, firmò un solo rinvio a giudizio: a carico di un edicolante romano (proclamatosi sempre innocente) accusato di aver rapinato una banca. Sulla cassaforte vennero trovate le impronte digitali del so- spettato; eppure il giudice fece indagini su indagini e perfino un esperimento giudiziario, di persona, con l’auto spinta a tutta birra sull’autostrada per controllare i tempi di percorrenza tra Roma e L’Aquila. Il ”dottor Sottile”, come lo definì in un’udienza l’avvocato Attilio Cecchini, presidente dell’Ordine aquilano, lasciò una pesante eredità ai successivo giudice istruttore Romolo Como (l’attuale Gip che gli ha avallato gli ordini di custodia cautelare per la Giunta regionale): una montagna di fascicoli da definire, tra i quali molte inchieste riguardanti ”big” politici locali. Il giudice Como, in poco tempo, sbrigò l’intera pendenza.
Quattro anni fa, Tragnone è approdato al posto di sostituto procuratore sostituendo il dottor Gianlorenzo Piccioli, il Procuratore che ha scoperto la ”tangentopoli” ad Avezzano. Nell'ambiente giudiziario tutti, anche i ”nemici”, riconoscono a Tragnone una grande serietà e preparazione: «Un cattedratico da Cassazione». Ma molti lo hanno sempre criticato per una certa lentezza nell’assumere i provvedimenti. Una meticolosità che gli ha fatto piovere addosso qualche pettegolezzo.
Nell’”era Di Pietro", Tragnone ha rischiato di diventare un ”eroe” nel maggio scorso quando litigò con l’allora Procuratore Capo, Mario Ratiglia, morto un mese fa. Nell’ambito delle indagini sullo cene elettorali avviate dall’inchiesta su un consigliere comunale socialista indagato per aver chiesto una tangente, firmò un ordine di custodia cautelare a carico del segretario amministrativo della Federazione aquilana dei Psi. Il Capo, però, bloccò il provvedimento trattando il suo sostituto come uno scolaretto. Ne è nato un caso con tanto di denunce al ministro Martelli ed al Csm. Lui, scrisse una lettera al Capo per dire che rinunciava a seguire le due inchieste. Senza far chiasso. D’altra parte, Tragnone non ha mai ”amato” la stampa. Ha sempre messo alla porta i giornalisti che sopporta, suo malgrado, mentre ficcano il naso anche negli uffici della Procura. ”Storica” è rimasta la sua risposta ad un giornalista che chiedeva spiegazioni su una sua inchiesta: «Lei faccia finta che io non esista e che scompaia come in una visione kafkiana».
Il ”Di Pietro d’Abruzzo” è nato a Chieti il 22 ottobre di trentanove anni fa. Figlio di un direttore di banca, è sposato con la signora Emanuela, figlia di un notissimo penalista di Lanciano, Guido La Morgia, morto tempo fa all’uscita del carcere di Pescara dopo l’interrogatorio di un suo assistito. Ha tre figli. Unici hobby la pipa ed il calcetto. Professionalmente è cresciuto all’interno del palazzo di Giustizia aquilano dove ha cominciato come uditore. Ai primi degli anni Ottanta diventa pretore, poi giudice del Tribunale civile, infine giudice istruttore. Un ruolo che forse poco si conciliava con la sua pignoleria. Nel volgere di un anno, firmò un solo rinvio a giudizio: a carico di un edicolante romano (proclamatosi sempre innocente) accusato di aver rapinato una banca. Sulla cassaforte vennero trovate le impronte digitali del so- spettato; eppure il giudice fece indagini su indagini e perfino un esperimento giudiziario, di persona, con l’auto spinta a tutta birra sull’autostrada per controllare i tempi di percorrenza tra Roma e L’Aquila. Il ”dottor Sottile”, come lo definì in un’udienza l’avvocato Attilio Cecchini, presidente dell’Ordine aquilano, lasciò una pesante eredità ai successivo giudice istruttore Romolo Como (l’attuale Gip che gli ha avallato gli ordini di custodia cautelare per la Giunta regionale): una montagna di fascicoli da definire, tra i quali molte inchieste riguardanti ”big” politici locali. Il giudice Como, in poco tempo, sbrigò l’intera pendenza.
Quattro anni fa, Tragnone è approdato al posto di sostituto procuratore sostituendo il dottor Gianlorenzo Piccioli, il Procuratore che ha scoperto la ”tangentopoli” ad Avezzano. Nell'ambiente giudiziario tutti, anche i ”nemici”, riconoscono a Tragnone una grande serietà e preparazione: «Un cattedratico da Cassazione». Ma molti lo hanno sempre criticato per una certa lentezza nell’assumere i provvedimenti. Una meticolosità che gli ha fatto piovere addosso qualche pettegolezzo.
Nell’”era Di Pietro", Tragnone ha rischiato di diventare un ”eroe” nel maggio scorso quando litigò con l’allora Procuratore Capo, Mario Ratiglia, morto un mese fa. Nell’ambito delle indagini sullo cene elettorali avviate dall’inchiesta su un consigliere comunale socialista indagato per aver chiesto una tangente, firmò un ordine di custodia cautelare a carico del segretario amministrativo della Federazione aquilana dei Psi. Il Capo, però, bloccò il provvedimento trattando il suo sostituto come uno scolaretto. Ne è nato un caso con tanto di denunce al ministro Martelli ed al Csm. Lui, scrisse una lettera al Capo per dire che rinunciava a seguire le due inchieste. Senza far chiasso. D’altra parte, Tragnone non ha mai ”amato” la stampa. Ha sempre messo alla porta i giornalisti che sopporta, suo malgrado, mentre ficcano il naso anche negli uffici della Procura. ”Storica” è rimasta la sua risposta ad un giornalista che chiedeva spiegazioni su una sua inchiesta: «Lei faccia finta che io non esista e che scompaia come in una visione kafkiana».