IL VESCOVO SOSPETTATO DI EVASIONE FISCALE
L’AQUILA - Monsignor Mario Peressin è di nuovo nella bufera: stavolta ha una grana col Fisco per alcuni investimenti all’estero non denunciati. Il sessantanovenne arcivescovo dell’Aquila, denunciato tempo fa per un abuso edilizio presso il palazzo della Coda, contestato l’anno scorso da ben 27 parroci della Diocesi che scrissero una lettera al Papa chiedendo «la grazia di un nuovo vescovo che abbia un po’ di fede in Dio, un po’ d’amore per il prossimo e che goda di buona salute mentale», stavolta è finito nei guai per non aver denunciato nella propria dichiarazione dei redditi gli utili di investimenti, a titolo personale, effettuati nei 1988 in America, a New York.
Secondo documenti di fonte ministero delle Finanze, nell’anno 1988 l’arcivescovo avrebbe percepito sia ”dividendi” sia ”interessi” per un totale di circa 17 milioni di lire. I primi per varie partecipazioni azionarie per circa 5.800 dollari (circa sette milioni di lire); i secondi per circa 9.000 dollari (dieci milioni) per investimenti effettuati alcuni con l’intermediazione della ”Bank o New York” e altri di una finanziaria (”Fiduciary Trust Cc. International”) sempre della metropoli americana. Cifre che lascerebbero presupporre un investimento totale di non meno 240 milioni di lire. Ma va precisato che questa è soltanto un’ipotesi: è stato impossibile finora accertare in quale società l'arcivescovo avesse partecipazioni ed a quali tassi, essendo tali informazioni ”top secret” anche negli Usa.
La mancata denuncia di tali proventi è saltata fuori durante un controllo ”incrociato” del ministero delle Finanze. All’”Anagrafe tributaria”, infatti, è giunta la documentazione inviata dalla amministrazione finanziaria americana in cui si segnalavano gli investimenti effettuati da cittadini italiani non residenti negli Stati Uniti.
Non lo ha fatto: ora scatterà la procedura per punire l’evasione. Una bella grana. Ma forse non saranno quelli col Fisco i maggiori problemi per l’arcivescovo nativo di Azzano Decimo (Pordenone), esperto di affari internazionali e da 9 anni all’Aquila dopo aver ricoperto, col grado di ministro, l’ufficio di rappresentante permanente del Vaticano presso le organizzazioni internazionali con sede a Vienna. Forse sarà più difficile per monsignor Peressin dover spiegare ai fedeli ed ai superiori come mai ha investito a titolo personale all’estero, con quali capitali e perchè non ne ha denunciato i proventi, commettendo probabilmente un peccato mortale anche per la Chiesa. Una spiegazione resa ancora più difficile dal fatto che nella clamorosa lettera di ribellione dei 27 parroci, inviata al Vaticano nel febbraio dello scorso anno, si legge testualmente nel paragrafo 4: «Ogni anno a novembre, l’arcivescovo si reca in America per tre settimane per raccogliere fondi a nome della ”poverissima Diocesi dell’Aquila” ma la Diocesi non ha mai avuto conoscenza dell’effettivo utilizzo in suo favore dei fondi raccolti...».
Secondo documenti di fonte ministero delle Finanze, nell’anno 1988 l’arcivescovo avrebbe percepito sia ”dividendi” sia ”interessi” per un totale di circa 17 milioni di lire. I primi per varie partecipazioni azionarie per circa 5.800 dollari (circa sette milioni di lire); i secondi per circa 9.000 dollari (dieci milioni) per investimenti effettuati alcuni con l’intermediazione della ”Bank o New York” e altri di una finanziaria (”Fiduciary Trust Cc. International”) sempre della metropoli americana. Cifre che lascerebbero presupporre un investimento totale di non meno 240 milioni di lire. Ma va precisato che questa è soltanto un’ipotesi: è stato impossibile finora accertare in quale società l'arcivescovo avesse partecipazioni ed a quali tassi, essendo tali informazioni ”top secret” anche negli Usa.
La mancata denuncia di tali proventi è saltata fuori durante un controllo ”incrociato” del ministero delle Finanze. All’”Anagrafe tributaria”, infatti, è giunta la documentazione inviata dalla amministrazione finanziaria americana in cui si segnalavano gli investimenti effettuati da cittadini italiani non residenti negli Stati Uniti.
Non lo ha fatto: ora scatterà la procedura per punire l’evasione. Una bella grana. Ma forse non saranno quelli col Fisco i maggiori problemi per l’arcivescovo nativo di Azzano Decimo (Pordenone), esperto di affari internazionali e da 9 anni all’Aquila dopo aver ricoperto, col grado di ministro, l’ufficio di rappresentante permanente del Vaticano presso le organizzazioni internazionali con sede a Vienna. Forse sarà più difficile per monsignor Peressin dover spiegare ai fedeli ed ai superiori come mai ha investito a titolo personale all’estero, con quali capitali e perchè non ne ha denunciato i proventi, commettendo probabilmente un peccato mortale anche per la Chiesa. Una spiegazione resa ancora più difficile dal fatto che nella clamorosa lettera di ribellione dei 27 parroci, inviata al Vaticano nel febbraio dello scorso anno, si legge testualmente nel paragrafo 4: «Ogni anno a novembre, l’arcivescovo si reca in America per tre settimane per raccogliere fondi a nome della ”poverissima Diocesi dell’Aquila” ma la Diocesi non ha mai avuto conoscenza dell’effettivo utilizzo in suo favore dei fondi raccolti...».