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DELITTO AL "PETIT FLEUR": FU LEGITTIMA DIFESA



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L’AQUILA - Un’udienza movimentata ed incandescente, un processo pieno di sorprese e colpi di scena, una sentenza clamorosa. Ernani F., il pregiudicato trentaquattrenne gestore di un night nella Marsica, accusato (e condannato in primo grado) di aver ucciso il nomade Pasquale Di Silvio che stava dando fastidio al suo locale, il ”Petit Fleur”, è stato assolto ieri sera dall’accusa di omicidio preterintenzionale. La Corte d’Assise d’Appello dell’Aquila, dopo quasi quattro ore di camera di consiglio, con una decisione sofferta tanto che alcuni ”dissensi” sono stati messi, in busta chiusa,a verbale, ha stabilito che F., quella sera, non solo non voleva uccidere ma sparò tre colpi di pistola per difendersi.

Assolto. La sentenza ha scatenato la reazione dei parenti di Di Silvio che, nonostante l’intervento in aula dei carabinieri, hanno inveito contro la Corte e soprattutto contro F.. «Non finisce qui, F.. La giustizia ti ha salvato, ma noi non perdoniamo» hanno urlato i nomadi che già nella mattinata avevano minacciato l’imputato. Tanto che il presidente della Corte, il dottor Tarquini, ha dovuto espellere dall’aula il padre della vittima, Antonio Di Silvio, e una sua zia. Numerosi e rumoreggianti, i nomadi presenti sono andati su tutte le furie quando ha deposto F., il quale, dopo aver ribadito che agì per difendersi, ha detto: «Mi sono reso perfettamente conto di quello che ho fatto... ho tre figli anch’io. Ho cercato anche di risarcire il danno. Ma mi hanno chiesto 200 milioni... Allora sono volate parole grosse, minacce («Ti ammazzeremo») e accuse («F. pappone») e così i due sono stati allontanati.

I giudici hanno accolto la tesi del collegio della difesa (avvocati Viti di Perugia e Cantelmi di Avezzano): quella sera un gruppo di nomadi capeggiati dalla vittima cominciarono ad infastidire gli avventori del locale e quindi se la presero col gestore, più volte minacciato in precedenza perchè non disposto a pagare tangenti. Perciò F. impugnò la pistola e sparò.

Legittima difesa, quindi. A F., che in primo grado era stato condannato in totale a 17 anni, è stata ridotta la pena sia per il porto abusivo della pistola (da 18 a 17 mesi di reclusione), sia per sfruttamento della prostituzione (da 2 anni e sei mesi a 2 anni e due). È stato assolto con formula piena dall’accusa di favoreggiamento alla prostituzione. Per quest’ultima accusa, F. non ha negato che pagava le ballerine 20.000 lire ogni venti minuti per intrattenere i clienti ma di quello che accadeva fuori il locale non ne sapeva nulla. Infine gli sono stati concessi gli arresti domiciliari sollecitati dalla difesa, qualunque fosse stato il verdetto, viste le precarie condizioni di salute dell’imputato apparso vistosamente dimagrito.

NOTA: Per una sorta di "diritto all'oblio", sono omesse le complete generalità di alcuni protagonisti che, d'altra parte, non aggiungerebbero nulla al dramma e che, peraltro, sono pubblicate nella versione originale cartacea facilmente consultabile nelle pubbliche emeroteche.