Perdonanza 2010: un'Occasione Perduta
da Gli Speciali de ilcapoluogo.it, n. 10 settembre 2010
di ANGELO DE NICOLA
di ANGELO DE NICOLA
La Perdonanza 2010, la “Perdonanza della speranza” dopo quella “del dolore” del 2009, è stata un’altra grande occasione perduta: dal Comune e dal Clero aquilano a danno, purtroppo, della città martoriata a caccia d’identità. E non tanto perchè verrà immotivatamente ricordata come la “Perdonanza dei tafferugli” (pochi che usano una manifestazione di tutti per far sentire le proprie ragioni) o come, ancor più immotivatamente, la “Perdonanza delle carriole” (chi le ha autorizzate a sfilare nel corteo? Il Comune? La Curia? Gli stessi che autorizzarono taluni politici a sfilare con le tute da lavoro nell’edizione 2005?). No, questi sono dettagli (manco tanto se si pensa che i media nazionali hanno parlato solo di tafferugli, protesta contro Letta e sfilata di carriole). No, l’occasione perduta è ben altra. Quella di imporre, finalmente, il personaggio di Celestino V all’attenzione mondiale dopo le straordinarie parole del Papa nella sua visita a Sulmona il 4 luglio scorso.
Facciamo un passo indietro. A prima del terremoto. Tutti dicevano: la Perdonanza non decolla perchè la Chiesa è contro, imbarazzata, da secoli, dalle clamorose dimissioni di Celestino V. Lo scoglio sembrava insormontabile per quanti sforzi si facessero. Ognuno alzava le braccia sconsolato: «Se il Papa venisse ad aprire la Porta Santa... Allora tutto cambierebbe... Ci vorrebbe un “miracolo”».
Il “miracolo” l’ha fatto il terremoto. Il 28 aprile 2009, a pochi giorni dalla tragedia, Papa Benedetto XVI non solo ha varcato simbolicamente la Porta Santa di Collemaggio, ma soprattutto ha donato alle spoglie di Celestino V il suo pallio. Un grande gesto che avrebbe meritato (alla luce della voglia di ricostruire e ricostruirci), una commemorazione nel suo anniversario. Nulla.
Ma c’è di più. Qualcuno, con grande arguzia, punta su una visita del Papa in occasione dell’anno giubilare Celestiniano per gli 800 anni della nascita dell’Eremita del Morrone. La Curia dell’Aquila? No, quella di Sulmona che è, per carità, altro luogo celestiniano topico ma certo la “capitale” della “questione celestiniana” che è, senza ombra di smentite, la basilica di Collemaggio dove fu incoronato e dove ci sono le sue spoglie. E al vescovo di Sulmona la grande operazione riesce: il 4 luglio. L’Aquila, la città celestiniana, assiste distratta: per carità, c’è il terremoto, che diventerà un alibi per i prossimi cent’anni. Ma Celestino è “risorsa” determinante per una città a caccia di identità. Si doveva fare di più. Si doveva cercare e pretendere di “esserci” in qualche modo. Ed invece solo grandi pettegolezzi targati AQ sul mezzo flop che è stata la visita del Papa a Sulmona.
Dove, però, avviene il vero “miracolo”. Ratzinger “riabilita” Celestino V dopo oltre settecento anni di ostracismo. Incredibile! Ecco la parole del Pontefice: «Celestino V seppe agire secondo coscienza, perciò senza paura e con grande coraggio, anche nei momenti difficili, come quelli legati al suo breve pontificato, non temendo di perdere la propria dignità, ma sapendo che questa consiste nell’essere nella verità. E il garante della verità è Dio. Chi segue Lui non ha paura nemmeno di rinunciare a se stesso, alla sua propria idea, perché “chi ha Dio, nulla gli manca”». Un eroe, altro che vile: firmato il Papa.
Ebbene, la Perdonanza che avrebbe dovuto “cavalcare” questa clamorosa riabilitazione, l’ha invece ignorata totalmente perdendosi dietro i soliti gossip e qualche carriola: nessuno ne ha parlato, nessuno l’ha sottolineato. Nulla. Un po’ come il terremoto: la più grande occasione (con tutto il rispetto delle vittime) per una città già “terremotata” che un’inetta classe dirigente sta perdendo.
L’Aquila, settembre 2010
Facciamo un passo indietro. A prima del terremoto. Tutti dicevano: la Perdonanza non decolla perchè la Chiesa è contro, imbarazzata, da secoli, dalle clamorose dimissioni di Celestino V. Lo scoglio sembrava insormontabile per quanti sforzi si facessero. Ognuno alzava le braccia sconsolato: «Se il Papa venisse ad aprire la Porta Santa... Allora tutto cambierebbe... Ci vorrebbe un “miracolo”».
Il “miracolo” l’ha fatto il terremoto. Il 28 aprile 2009, a pochi giorni dalla tragedia, Papa Benedetto XVI non solo ha varcato simbolicamente la Porta Santa di Collemaggio, ma soprattutto ha donato alle spoglie di Celestino V il suo pallio. Un grande gesto che avrebbe meritato (alla luce della voglia di ricostruire e ricostruirci), una commemorazione nel suo anniversario. Nulla.
Ma c’è di più. Qualcuno, con grande arguzia, punta su una visita del Papa in occasione dell’anno giubilare Celestiniano per gli 800 anni della nascita dell’Eremita del Morrone. La Curia dell’Aquila? No, quella di Sulmona che è, per carità, altro luogo celestiniano topico ma certo la “capitale” della “questione celestiniana” che è, senza ombra di smentite, la basilica di Collemaggio dove fu incoronato e dove ci sono le sue spoglie. E al vescovo di Sulmona la grande operazione riesce: il 4 luglio. L’Aquila, la città celestiniana, assiste distratta: per carità, c’è il terremoto, che diventerà un alibi per i prossimi cent’anni. Ma Celestino è “risorsa” determinante per una città a caccia di identità. Si doveva fare di più. Si doveva cercare e pretendere di “esserci” in qualche modo. Ed invece solo grandi pettegolezzi targati AQ sul mezzo flop che è stata la visita del Papa a Sulmona.
Dove, però, avviene il vero “miracolo”. Ratzinger “riabilita” Celestino V dopo oltre settecento anni di ostracismo. Incredibile! Ecco la parole del Pontefice: «Celestino V seppe agire secondo coscienza, perciò senza paura e con grande coraggio, anche nei momenti difficili, come quelli legati al suo breve pontificato, non temendo di perdere la propria dignità, ma sapendo che questa consiste nell’essere nella verità. E il garante della verità è Dio. Chi segue Lui non ha paura nemmeno di rinunciare a se stesso, alla sua propria idea, perché “chi ha Dio, nulla gli manca”». Un eroe, altro che vile: firmato il Papa.
Ebbene, la Perdonanza che avrebbe dovuto “cavalcare” questa clamorosa riabilitazione, l’ha invece ignorata totalmente perdendosi dietro i soliti gossip e qualche carriola: nessuno ne ha parlato, nessuno l’ha sottolineato. Nulla. Un po’ come il terremoto: la più grande occasione (con tutto il rispetto delle vittime) per una città già “terremotata” che un’inetta classe dirigente sta perdendo.
L’Aquila, settembre 2010
Angelo De Nicola