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Cinquantenario del Lions Club dell'Aquila

Intervista al socio fondatore Germano Barattelli

(dal libro "1957-2007: Ricordare il passato, programmare il futuro")



"...E come posso dimenticare quella prima Charter. Quella sera, al ballo nei saloni del "Grande Albergo", conobbi una ragazza meravigliosa che sarebbe diventata mia moglie". Germano Barattelli, classe 1925, a dispetto della sua fibra forte di imprenditore navigato, si lascia sopraffare dal magone alla gola. A stento riesce a rintuzzare le lacrime: "Il Lions, il Club, per me è stata una parte importante, fondamentale direi, della mia vita soprattutto per quella amicizia vera che s'è instaurata tra di noi".

L'amicizia, appunto. Tutto nacque per merito di quattro amici al bar...
"Credo fossimo in 25 quella sera che gli amici Fernando Zecca e Gino Ludovici mi invitano a cena al "Grande Albergo", in quella sala oggi attigua al bar, perchè si doveva costituire un Club. Ci si conosceva tutti, tranne ricordo, alcuni che veniva da fuori, da Sulmona mi pare. L'avvocato Di Paola ci illustrò i fini di questa nuova associazione mettendo l'accento, lo ricordo bene, lui che era socialista, sul fatto che il Club non aveva alcuna finalità politica".

Avevi 33 anni: eri tra i più giovani...
"Trentatrè anni e scapolo. Della mia stessa età, c'era Gigino Alesi. Certo, non ci mancava l'entusiasmo tanto che subito dopo la fina della cena "ufficiale", spesso la serata continuava in un mio casale in contrada Sant'Antonio e si tirava tardi. Erano altri tempi. Eravamo come fratelli".

Quindi arrivò la prima Charter. Che ricordi hai?
"A parte quello, che ho già detto, legato al fatto che al ballo conobbi la mia futura moglie che, giovanissima, era presente perchè figlia del socio Mario Papini, dell'Ispettorato del lavoro, ricordo che si pose il "drammatico", almeno per noi più giovani, problema di dover indossare lo smoking. Si decise che tutti i soci si sarebbero presentati in smoking. Così contattammo i due sarti che, allora, andavano per la maggiore in città: Pomante e Catitti. Ricordo le peripezie di Enrico Carli che, in quegli stessi giorni, andava sposo. Eravamo in fibrillazione. Andò tutto bene. Una Charter in smoking oggi? Beh, io dovrei dargli una calibrata ma ce l'ho ancora sotto naftalina come ricordo dei bei tempi".

La serata filò liscia tranquilla nei saloni del "Grande Albergo"...
"Liscia? Direi di più. Io ballai tutta la sera con una ragazza affascinante sulle note di una orchestra dal vivo, come si usava allora. A parte la Charter, ogni serata importante era un evento prima, durante e dopo".

Prima?
"Sì, perchè a me, Peppe Santoro e Gino Ludovici cui poi si aggregò poi anche Lamberto Sulli, venne affidato l'incarico di organizzare le serate importanti: Charter e feste degli auguri. Ed era una festa anche per noi: la sera, dopo il lavoro, andavamo nel locale prescelto, il "Grande Albergo" prima ed il "Tetto" poi, per preparare tutto, addobbi e quant'altro. Spesso finivamo a notte fonda. Addirittura i gestori del "Grande Albergo" ci consegnavano le chiavi del locale. Eravamo un gruppo di giullari: ci siamo divertiti un mondo!".

Più volte segretario e tesoriere, come l'altro fondatore vivente, Enrico Carli, non hai mai fatto il presidente. Curiosa questa coincindenza?
"No, c'è una spiegazione. Non sono mai stato un grande oratore in pubblico: mi blocco se non ho un appunto scritto, è un mio grande limite. Ma a parte questo, io ed Anna Maria abbiamo vissuto il Club davvero come un gruppo di amici. Sicchè, un anno fui eletto presidente, all'unanimità, per alzata di mano, come si faceva allora. Tornai a casa e Anna Maria mi disse chiaro e tondo che questo ruolo di rappresentanza a lei non andava affatto a gennaio. Fui costretto a rinunciare. Credo di aver fatto la scelta giusta".

Come dire: "comandano" sempre le mogli?
"A parte gli scherzi, non credo che qualcuno possa smentirmi sul fatto che il Club lo hanno fatto le nostre mogli. Sono state loro a cementare amicizie, a dettare certe linee fondamentali. Chi può negarlo? Ed ecco perchè eravamo "contrari" all'ingresso nel club del gentil sesso: già c'era e comandava pure! L'ingresso delle donne come socie ha invece dato un tocco di concretezza in più al movimento. E' stata una decisione, credo, importante per un futuro migliore del Lions".

Il futuro, appunto. Come lo vede un fondatore con 50 anni di esperienza sulle spalle?
"Lo vedo bene. Anzi, credo che il Lions sia indispensabile, almeno in un ambiente come quello della nostra città per la sua capacità di aggregare le persone. Questa è stata la caratteristica decisiva: l'aggregazione. Almeno due volte al mese, ci si riuniva per stare insieme e per valutare cosa potesse esser fatto di buono per la nostra città. Il Lions Club ha svolto una funzione sociale fondamentale e non deve perdere questa sua caratteristica. Perciò, innanzitutto, aggregazione tra i soci attraverso service sempre più ficcanti ma anche gite sociali che io ritengo importantissime per coinvolgere, nello spirito giusto, il maggior numero di soci possibile. Certo, i pericoli sono tanti".

Il più insidioso?
"Quello di accettare nel Club soci che non vivano la città, la realtà del territorio di riferimento. Si creerebbe uno scollamento difficile da sanare perchè viene meno la spinta decisiva. Noi abbiamo fatto dell'amicizia e del nostro impegno civico, nei nostri rispettivi ruoli e professioni, il collante della vita del Club. Ognuno ha cercato di portare nel Club i propri amici perchè sapeva che su di essi poteva contare vedendoli all'opera nella vita di tutti i giorni. E mi pare che questa creatura che ha tanti padri e che ogni anno si rinnova nelle persone che devono accudirla, sia cresciuta bene".

Il tuo bilancio di 50 anni di Lions è, dunque, positivo...
"Più che positivo. Sono entusiasta. Il Club io lo amo nel profondo".

E l'iniziativa che, in questi lunghi 50 anni, ti genera il maggior tumulto dentro?
"Scelta difficile, tra tante bellissime e significative. Forse "L'Aquila d'oro", ovvero la scultura realizzata dall'avvocato Nino Scarsella, quale simbolo del premio che il Lions Club dell'Aquila consegnava ad una personalità che si era particolarmente distinta, soprattutto sotto il profilo etico. Ricordo che un anno venne consegnato al cardinale Carlo Confalonieri. Era una grande responsabilità, per il Club, arrogarsi una simile scelta. Questo, però, ci induceva ancora di più a rigare dritto".
10 febbraio 2007 - Cinquantesima "charter night"