L'Amore ai Tempi dell'Eden
da ”Senzatitolo” n.4 Luglio 2006
di ANGELO DE NICOLA
di ANGELO DE NICOLA
Immaginate i capelli tirati all’indietro con la brillantina ”Linetti” di uomini ingessati dentro il loro frac. Immaginate le signore con improbabili cappellini, i guanti di pizzo bianchi e costrette in bustini mozzafiato sopra abiti lunghi, rigorosamente oltre le caviglie. Immaginate la ”trasgressione” di chi, dalla ”barcaccia”, fa una corte asfissiante alla prima ballerina del ”Caffè Concerto” per antonomasia, l’Eden, di quella ”Aquila” di inizio secolo, quasi sull’orlo della Prima guerra mondiale.
Ecco, i profumi (e non solo della brillantina), le atmosfere, le speranze, le pulsioni represse, l’orlo del peccato, l’aria della piccola ma vivace città di provincia, sono tutte dentro uno dei racconti contenuti in un libro (”Muse, musetti e museruole... lettera d’amore”, edizioni ”Modernissima di Milano, 1923) scovato da quell’indomabile ”Indiana Jones dell’aquilanità” che è Cesare Ianni. Immaginate la faccia del Nostro quando ha scoperto che il ”Caffè Concerto Eden” era al centro dei racconti, datati 1915, di tal Pietro Scarselli pubblicati postumi dai familiari nel 1923.
Anzi, il racconto dedicato a tale Mary Nandor, ”danseuse” del ”Caffè concerto Eden” è, significativamente, quello che apre il libro. Uno spaccato dell’Aquila, di quella ”Aquila”, che Ianni, bontà sua, ha voluto consegnare a «quei coraggiosi illuminati che contribuiscono alla rinascita della città».
«Rinvenire questa testimonianza - dice il Nostro - del Caffè concerto Eden, agli albori della sua rinascita, mercè il coraggio, lo spirito imprenditoriale e, a parer mio, anche l’atto d’amore nei confronti di un pezzo di storia della nostra città, testimoniato dalla signora Mafalda Mannetti D’Attoma, mi sembra di ottimo auspicio».
Così come di ottimo auspicio è stata la recente pubblicazione (presentata anche alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma) del libro di Giorgio De Marchis ”La decorazione della Sala Eden. L’Aquila 1931- 1933”. Il libro, per i tipi della casa editrice aquilana ”Textus Edizioni”, racchiude la storia del prezioso capolavoro di decorazione d’interno, in stile Art Déco, opera di tre decoratori provenienti dalla scuola romana di Duilio Cambellotti, realizzato tra il 1931 e il 1933. Altri tempi.
Ma torniamo a Mary Nandor (che nome d’arte messaliniaco!). Vale la pena leggere la lettera del suo spasimante che, meglio di un’istantanea, ”fotografa” tempi (delle ”danseuse”, dei duelli, dei maestri di ballo, dei merletti traforati, delle pillole d’Ercole...) che non ci sono più. Eccola:
Ecco, i profumi (e non solo della brillantina), le atmosfere, le speranze, le pulsioni represse, l’orlo del peccato, l’aria della piccola ma vivace città di provincia, sono tutte dentro uno dei racconti contenuti in un libro (”Muse, musetti e museruole... lettera d’amore”, edizioni ”Modernissima di Milano, 1923) scovato da quell’indomabile ”Indiana Jones dell’aquilanità” che è Cesare Ianni. Immaginate la faccia del Nostro quando ha scoperto che il ”Caffè Concerto Eden” era al centro dei racconti, datati 1915, di tal Pietro Scarselli pubblicati postumi dai familiari nel 1923.
Anzi, il racconto dedicato a tale Mary Nandor, ”danseuse” del ”Caffè concerto Eden” è, significativamente, quello che apre il libro. Uno spaccato dell’Aquila, di quella ”Aquila”, che Ianni, bontà sua, ha voluto consegnare a «quei coraggiosi illuminati che contribuiscono alla rinascita della città».
«Rinvenire questa testimonianza - dice il Nostro - del Caffè concerto Eden, agli albori della sua rinascita, mercè il coraggio, lo spirito imprenditoriale e, a parer mio, anche l’atto d’amore nei confronti di un pezzo di storia della nostra città, testimoniato dalla signora Mafalda Mannetti D’Attoma, mi sembra di ottimo auspicio».
Così come di ottimo auspicio è stata la recente pubblicazione (presentata anche alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma) del libro di Giorgio De Marchis ”La decorazione della Sala Eden. L’Aquila 1931- 1933”. Il libro, per i tipi della casa editrice aquilana ”Textus Edizioni”, racchiude la storia del prezioso capolavoro di decorazione d’interno, in stile Art Déco, opera di tre decoratori provenienti dalla scuola romana di Duilio Cambellotti, realizzato tra il 1931 e il 1933. Altri tempi.
Ma torniamo a Mary Nandor (che nome d’arte messaliniaco!). Vale la pena leggere la lettera del suo spasimante che, meglio di un’istantanea, ”fotografa” tempi (delle ”danseuse”, dei duelli, dei maestri di ballo, dei merletti traforati, delle pillole d’Ercole...) che non ci sono più. Eccola:
A Mary Nandor - Danseuse
Caffè concerto ”Eden”
Aquila, 11 aprile 1915
«Senti, Mary, tu mi fai troppo soffrire. Io ti amo e tu mi fai disperare come un dannato. Alle prove, sorridi anche a chi non ti vuote; la sera, dietro il sipario o tra le quinte o in fondo allo scenario, occhieggi con mezzo teatro; il giorno, te ne vai cogli altri, accetti i regali che ti fanno, le passeggiate in carrozzino, in automobile, i pranzetti, le cene, e fai la furbacchiona con quell’aria distratta che dai ad intendere per purezza dell’ingenuità o ingenuità della purezza.
... Senti, tu hai un musetto che non so chi te l’abbia fatto, tanto è bianco e morbido, dal nasino fino al mento, e due labbra che pare non abbiano mai baciato, tanto sono fresche e indifferenti. Tu hai tutto per accecare, rimbambire, far babbuassi tutti e far vedere loro il paradiso: i profumi, le ciprie, le vesti, i veli, i merletti traforati, la musica, le luci, le ombre, l’oro, il cielo, i diamanti... Tutto a tua disposizione, perché si sarà innamorato di te anche Domeneddio!...
A furia di danzare così divinamente e di lasciar vedere attimo per attimo quelle bellezze preziosissime, celatissime e meravigliosissime che possiedi, hai fatto girare la testa a tutta la città. ”Il Fandango - ”La Danza Orientale” - ”Il viaggio di Venere” - ”L’anelito della Schiava” - ”Salomè” - ecc. sono numeri di un repertorio straordinario a cui avranno contribuito Satanasso e la sua signora!!!...
Ma tu sai che non per tutto questo mi innamorai di te. Io mi innamorai di te perché hai una sedicina d’anni, come me che ne ho 18, e credevo che... Ma mi sono sbagliato disastrosamente! A furia di soffrire per te, sono diventato un fuoruscito di me stesso e perciò mi metteranno dentro presto.
Appunto ieri mi accapigliai con quello spiantato del redattore del ”Grillo”, che fa l’uomo superiore ed ha i pantaloni strappati di dietro. Io ho un occhio pesto, ma a lui ho pestato di meglio. Mi dà ai nervi quel botolo del tuo maestro di ballo, grasso e tondo, che fa il severo, e suda come un maiale. Per fare lo spiritoso diceva forte che ai ragazzi bastano le fotografie. Ed ai vecchiacci, rammolliti come lui, non bastano più nemmeno le pillole d’Ercole!!!
Quello spettro, morto in permesso, del macchiettista, che vuol fare l’uomo fatale, se non la finisce a darti i pizzicotti, si buscherà un bel corno in fronte, uno di questi giorni...
E il primo violino?... Tutte le volte che alle prove ti avanzi oltre la ribalta, il primo violino, come una scimmia, ti si mette a guardare sotto le gonnelle per farci credere di aver visto l’elmo e se non era, l’altro giorno, per il trombone da canto, mio amico, che m’aveva fatto entrare, gli tiravo la partitura sulla testa e, forse, mi avrebbero dato una mano anche la cornetta ed il controbasso, chè, anche loro, non vanno più d’accordo con lui, da un bel pezzo.
Avantieri, però, volevo uccidere te. L’avevo deciso, sai ? Perché tu sei la colpevole!! All’”ultimo Tango” sarei saltato dalla barcaccia sul palcoscenico e ti avrei infilato un rasoio dove più mi hai fatto penare, e poi avrei ammazzato me, in faccia alla platea, tagliandomi le carotidi per spirarti sopra. Ma, stamattina, ho saputo che anche mio zio ti fa il cascamorto e che tu l’hai ricevuto all’Hotel. Eh! no!... quello, non posso ammazzarlo.
Allora mi sono fermato. Ho capito tutto: tu sei la birbissima! ed è inutile amarti. Ci rinunzio, mi ritiro, dopo aver cavato a mia madre duemila lire ed aver sudato il sangue mille volte. Ti lascio, altrimenti mi rovino. Tu sei una goccia di paradiso, ma ci vuole tutto l’inferno ed il purgatorio nel sangue per venirti appresso. Ti lascio perché debbo studiare, anche.
Però, non posso lasciarti tutta, per sempre... Mi sembrerebbe di stramazzare di colpo, Mary, Madonnina... Restiamo amici! Vuoi? Anche quando io sarò lontano e tu pure, ci scriveremo e poiché per l’avvenire vorrei amare le donne non sempre come ho amato te, così ti domanderò consigli nei casi difficili e tu, che ne sai più del Machiavello, mi informerai sui segreti delle donne, come la pensano, quello che ci vuole, ecc. ecc.
Vuoi, Mary? Fammi contento almeno così. Io ti vorrò sempre bene e, quando avrò imparato a far da me e non sarò più un vile adolescente, non ti seccherò più ed allora, forse, ti amerò meglio.
Che ne dici? Rispondimi per lettera, poiché, all’Eden, non vengo più e nemmeno all’Hotel. Ho paura di ricominciare da capo.
Ciao, addio, a rivederci, Mary! Ti auguro trionfi clamorosi, inni, balli, danze fantastiche e miliardi di cioccolattini, se mi vorrai bene.
Tuo amico NELLO».
Caffè concerto ”Eden”
Aquila, 11 aprile 1915
«Senti, Mary, tu mi fai troppo soffrire. Io ti amo e tu mi fai disperare come un dannato. Alle prove, sorridi anche a chi non ti vuote; la sera, dietro il sipario o tra le quinte o in fondo allo scenario, occhieggi con mezzo teatro; il giorno, te ne vai cogli altri, accetti i regali che ti fanno, le passeggiate in carrozzino, in automobile, i pranzetti, le cene, e fai la furbacchiona con quell’aria distratta che dai ad intendere per purezza dell’ingenuità o ingenuità della purezza.
A furia di danzare così divinamente e di lasciar vedere attimo per attimo quelle bellezze preziosissime, celatissime e meravigliosissime che possiedi, hai fatto girare la testa a tutta la città. ”Il Fandango - ”La Danza Orientale” - ”Il viaggio di Venere” - ”L’anelito della Schiava” - ”Salomè” - ecc. sono numeri di un repertorio straordinario a cui avranno contribuito Satanasso e la sua signora!!!...
Ma tu sai che non per tutto questo mi innamorai di te. Io mi innamorai di te perché hai una sedicina d’anni, come me che ne ho 18, e credevo che... Ma mi sono sbagliato disastrosamente! A furia di soffrire per te, sono diventato un fuoruscito di me stesso e perciò mi metteranno dentro presto.
Appunto ieri mi accapigliai con quello spiantato del redattore del ”Grillo”, che fa l’uomo superiore ed ha i pantaloni strappati di dietro. Io ho un occhio pesto, ma a lui ho pestato di meglio. Mi dà ai nervi quel botolo del tuo maestro di ballo, grasso e tondo, che fa il severo, e suda come un maiale. Per fare lo spiritoso diceva forte che ai ragazzi bastano le fotografie. Ed ai vecchiacci, rammolliti come lui, non bastano più nemmeno le pillole d’Ercole!!!
Quello spettro, morto in permesso, del macchiettista, che vuol fare l’uomo fatale, se non la finisce a darti i pizzicotti, si buscherà un bel corno in fronte, uno di questi giorni...
E il primo violino?... Tutte le volte che alle prove ti avanzi oltre la ribalta, il primo violino, come una scimmia, ti si mette a guardare sotto le gonnelle per farci credere di aver visto l’elmo e se non era, l’altro giorno, per il trombone da canto, mio amico, che m’aveva fatto entrare, gli tiravo la partitura sulla testa e, forse, mi avrebbero dato una mano anche la cornetta ed il controbasso, chè, anche loro, non vanno più d’accordo con lui, da un bel pezzo.
Avantieri, però, volevo uccidere te. L’avevo deciso, sai ? Perché tu sei la colpevole!! All’”ultimo Tango” sarei saltato dalla barcaccia sul palcoscenico e ti avrei infilato un rasoio dove più mi hai fatto penare, e poi avrei ammazzato me, in faccia alla platea, tagliandomi le carotidi per spirarti sopra. Ma, stamattina, ho saputo che anche mio zio ti fa il cascamorto e che tu l’hai ricevuto all’Hotel. Eh! no!... quello, non posso ammazzarlo.
Allora mi sono fermato. Ho capito tutto: tu sei la birbissima! ed è inutile amarti. Ci rinunzio, mi ritiro, dopo aver cavato a mia madre duemila lire ed aver sudato il sangue mille volte. Ti lascio, altrimenti mi rovino. Tu sei una goccia di paradiso, ma ci vuole tutto l’inferno ed il purgatorio nel sangue per venirti appresso. Ti lascio perché debbo studiare, anche.
Però, non posso lasciarti tutta, per sempre... Mi sembrerebbe di stramazzare di colpo, Mary, Madonnina... Restiamo amici! Vuoi? Anche quando io sarò lontano e tu pure, ci scriveremo e poiché per l’avvenire vorrei amare le donne non sempre come ho amato te, così ti domanderò consigli nei casi difficili e tu, che ne sai più del Machiavello, mi informerai sui segreti delle donne, come la pensano, quello che ci vuole, ecc. ecc.
Vuoi, Mary? Fammi contento almeno così. Io ti vorrò sempre bene e, quando avrò imparato a far da me e non sarò più un vile adolescente, non ti seccherò più ed allora, forse, ti amerò meglio.
Che ne dici? Rispondimi per lettera, poiché, all’Eden, non vengo più e nemmeno all’Hotel. Ho paura di ricominciare da capo.
Ciao, addio, a rivederci, Mary! Ti auguro trionfi clamorosi, inni, balli, danze fantastiche e miliardi di cioccolattini, se mi vorrai bene.
Tuo amico NELLO».
Ed ecco la risposta di Mary Nandor:
Al Signorino NELLO NALLI
AQUILA
«Carissimo Nello,
sì! - mio piccolo caro - farò come tu vuoi, se starai buonino. Potrò darti informazioni anche sugli uomini, se ti occorrono, poiché conosco anche quelli.
Intanto il consiglio più importante e più urgente è quello di non innamorarti mai sul serio. Se ti innamori sul serio, diventi buffo e povero di spirito e le donne si sentono quasi obbligate ad approfittarne.
Con loro, celia, scherza, divertiti e divertile, senza consumarti. Hai capito Nello? Ma tu non mi sembri il tipo. Staremo a vedere.
Scrivimi sempre, ad ogni modo, ed io sarò il tuo angelo custode. Grazie della tua lettera. Vieni a trovarmi, cattivone, poiché, domani sera, darò la mia serata d’addio e partirò, dopo, per Bologna.
Ciao, ti saluta anche il mio maestro di ballo... Tua MARY NANDOR».
AQUILA
«Carissimo Nello,
sì! - mio piccolo caro - farò come tu vuoi, se starai buonino. Potrò darti informazioni anche sugli uomini, se ti occorrono, poiché conosco anche quelli.
Intanto il consiglio più importante e più urgente è quello di non innamorarti mai sul serio. Se ti innamori sul serio, diventi buffo e povero di spirito e le donne si sentono quasi obbligate ad approfittarne.
Con loro, celia, scherza, divertiti e divertile, senza consumarti. Hai capito Nello? Ma tu non mi sembri il tipo. Staremo a vedere.
Scrivimi sempre, ad ogni modo, ed io sarò il tuo angelo custode. Grazie della tua lettera. Vieni a trovarmi, cattivone, poiché, domani sera, darò la mia serata d’addio e partirò, dopo, per Bologna.
Ciao, ti saluta anche il mio maestro di ballo... Tua MARY NANDOR».