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Perdonanza, Che Fare?

articolo per "Indiscreto", dicembre 2004




Perdonanza 2005, che fare? L'interrogativo di siloniana memoria è quanto mai opportuno. Dopo la clamorosa figuraccia legata al mancato saldo dei "Premi per la Pace" ("Repubblica" ha definito L'Aquila la "città dei premi patacca") ed il contemporaneo esplodere dello scandalo sui conti della manifestazione (si parla di un "buco" di oltre due milioni di euro), s'è acceso il dibattito su cosa fare nella prossima edizione di quella che resta l'unica manifestazione di rilievo del capoluogo e tra le più importanti d'Abruzzo. Ad accendere la miccia, certamente a fin di bene, è stato l'arcivescovo Giuseppe Molinari che ha proposto: "Facciamo soltanto una bella processione, magari penitenziale. Niente frizzi e lazzi".

Ebbene, col dovuto rispetto, l'arcivescovo sbaglia. La Perdonanza è un evento laico. O meglio, di "proprietà" della municipalità più che della Chiesa. Vi siete mai chiesto il perchè, prima dell'apertura della Porta Santa, il 28 agosto, la Bolla del Perdono emanata il 29 settembre del 1294 e conservata in un forziere del Municipio, viene letta dal sindaco e non dal vescovo? Perchè così volle Papa Celestino V il quale affidò la Bolla, atto religioso per eccellenza, alla municipalità e non alla Chiesa i cui responsabili vengono "invitati" a partecipare. Questo perchè Pietro dal Morrone intuì che quel suo concedere il perdono da tutti i peccati "erga omnes", a ricchi e poveri e soprattutto senza dover sborsare un centesimo, avrebbe dato fastidio. Tanto è vero che, il suo successore, Bonifacio VIII, tentò in tutti i modi di entrare in possesso di quella "maledetta" Bolla per poterla fisicamente annullare. Bonifacio VIII ne chiese conto al vescovo. Il quale gli rispose che lui il documento non ce l'aveva perchè era stato consegnato ai vertici del municipio aquilano e non a quelli della Diocesi.

Alla fine, per narcotizzare quel gesto rivoluzionario, Bonifacio VIII fu costretto ad "inventare" il Giubileo (invenzione per la quale passò lui alla Storia e non Celestino V) che altro non è se non l'amplificazione dell'idea dell'Eremita del Morrone. Un'idea che dimostra la statura di questo Papa del quale la Chiesa ha cercato di ignorare il messaggio rivoluzionario. Ha fatto comodo a molti "scomunicare" Celestino V per vigliaccheria ritenendolo il destinatario del famoso verso dantesco "colui che fece per viltade il gran rifiuto". Pietro dal Morrone non fu certo un vile. Anzi, fu una sorta di Ghandi del Duecento che, con la Perdonanza, impose la pace alle fazioni della città dell'Aquila la quale, da quel momento, cominciò a volare sotto il profilo economico fino a diventare la seconda città del Regno dopo Napoli. Un Martin Luther King dei suoi tempi, coerente fino a dimettersi, unico papa nella Storia, perchè "contro" il sistema di una Chiesa corrotta ed aristocratica.

Dunque, se Celestino V è stato un Papa "comunista", la Perdonanza è un bene comune, dell'umanità si potrebbe dire. Che nessuno può strumentalizzare per biechi fini politici. Che nessuno può vilipendere (i "premi patacca"...). E di cui nessuno può sentirsi il padrone.